Ambiente
I rifiuti elettronici aumentano, ma non ne raccogliamo abbastanza: le opportunità (inespresse) del riciclo e il caso italiano
Il principale Consorzio del nostro Paese che gestisce questo genere di rifiuti riesce a recuperare l’88% dei materiali, ma il numero dei prodotti usati che arriva negli impianti è lontano dai target previsti dall’Unione europea
Ad Agbogbloshie, un sobborgo di Accra, la capitale del Ghana, c’è una distesa di materiale riflettente frammischiato con la plastica. Per cercare di recuperare del metallo da rivendere, gli abitanti brulicano tra le carcasse di computer, telefoni ed elettrodomestici di ogni tipo. Fondono il materiale, senza norme di sicurezza, lo trattano con agenti chimici e poi lo rivendono per pochi centesimi al chilo. Quella di Agbogbloshie è la più grande discarica di rifiuti elettronici del mondo. Ogni anno, da ogni dove, milioni di tonnellate di scarti vengono riversate qui.
Secondo il quarto rapporto Global E-waste Monitor delle Nazioni Unite, nel 2022 sono state prodotte 62 milioni di tonnellate rifiuti elettronici. Un record destinato a essere superato con il dilagare dello sviluppo tecnologico: la stima è che nel 2030 la cifra superi gli 80 milioni di tonnellate. Oltre al problema primario dell’inquinamento, va considerato lo spreco delle cosiddette terre rare: solo l'1 per cento della domanda è, oggi, soddisfatta dal riciclo dei rifiuti elettronici.
L’Unione europea ha imposto a ogni Stato membro un target per la raccolta di rifiuti elettronici. L’obiettivo fissato è pari a 12 chili di materiale per abitante. L’Italia è ferma a 6 chili. Le strutture in grado di riciclare piccoli dispositivi e grandi elettrodomestici avrebbero la capacità per processare più rifiuti, tuttavia non decolla il sistema della raccolta. Il Consorzio Erion WEEE, che gestisce il 65 per cento dei rifiuti elettronici domestici in Italia, nell’anno appena conclusosi ha visto crescere di appena il 2 per cento la quantità di materiale arrivata nei suoi impianti partner di trattamento.
Il direttore generale del Consorzio, Giorgio Arienti, non nasconde il rammarico: “Il 2024 è stato un anno in ‘stand-by’ e questo significa, ancora una volta, che l’Italia ha perso un’opportunità. Non c’è recupero di materiali senza riciclo, ma non c’è riciclo senza raccolta. Confidiamo che le recenti misure legislative possano rappresentare un nuovo punto di partenza”. A queste condizioni, la transizione verso un’economia davvero circolare non può avvenire. Eppure il principale Consorzio del nostro Paese che gestisce questo genere di scarti, nei suoi stabilimenti, riesce a recuperare l’88% dei materiali di piccoli dispositivi ed elettrodomestici. Ma il percorso dei rifiuti segue altre direzioni.
“Il processo è virtuoso, abbiamo la possibilità reale di fare bene”, continua Arienti. Tuttavia, “gli enti locali e i negozianti non riescono a raccogliere abbastanza. Confidiamo che le recenti misure legislative possano rappresentare un nuovo punto di partenza”. Il riferimento è agli emendamenti contenuti nel decreto “Salva Infrazioni”, che prevedono semplificazioni burocratiche sulla raccolta dei rifiuti elettronici da parte dei negozianti, e all’introduzione del bonus elettrodomestici per l’acquisto di prodotti made in Europe di classe energetica non inferiore alla B. Un “punto di partenza” che, se non ha riscontro, rischia di diventare un punto di non ritorno: dare una seconda vita ai materiali contenuti nei prodotti elettronici è inevitabile per evitare l’emissione in atmosfera di anidride carbonica, rallentare le attività estrattive, contrastare il cambiamento climatico. In tre parole, salvare il pianeta.