Attualità
21 ottobre, 2025Il Segretario di Stato pontificio lancia un appello per la libertà di stampa. E attacca i coloni israeliani: “Non riusciamo a capire perché i cristiani in Cisgiordania siano oggetto di minacce”
“Rischiamo sempre di più di vivere in un clima di intolleranza dove le libere espressioni non sono più accettate. È fonte di grande preoccupazione che ci possano essere atti di intimidazione nei confronti della stampa”. Così Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede, ha commentato l’attentato a Sigfrido Ranucci dello scorso 16 ottobre. Al di là del tono ecumenico, nelle parole del cardinale c’è un appello deciso a non sottovalutare la bomba esplosa fuori dall’abitazione del conduttore di Report: “Sono veramente preoccupato, esprimo solidarietà a chi è stato oggetto di questa intimidazione. Vogliamo che tutti possano esprimere il loro punto di vista senza essere oggetto di questo tipo di minacce”.
La presa di posizione di Parolin arriva a margine di un convegno organizzato da Aiuto alla Chiesa che Soffre, una fondazione pontificia nata nel 1947 per sostenere i cristiani perseguitati nel mondo, tema che il Segretario di Stato riconduce all’attualità del Medioriente e agli abusi dei coloni israeliani in Cisgiordania. “Non riusciamo a capire perché i cristiani che vivono la loro vita normale sono oggetto di tanto accanimento. Parlare di persecuzione è un po' problematico ma sicuramente sono situazioni che non possiamo accettare”, ha sottolineato Parolin.
Durante l’evento Acs ha presentato il proprio rapporto annuale sulla libertà religiosa nel mondo, principio che per Parolin dovrebbe essere garantito grazie all’intervento dei “governi e delle comunità”. Si parla di fede e le dichiarazioni scendono nel teologico con un registro che si affida sempre di più alle formule da sermone. Se la condanna all’attentato a Ranucci è netta, la presa di posizione sulla libertà religiosa è più sfumata e si perde nella formulazione della dichiarazione conciliare Dignitatis Humanae del 1965 citata da Parolin: “Questa libertà non costituisce un’approvazione generale della falsità, è un invito a perseguire la verità con diligenza, anche coloro che deviano nella loro ricerca conservano diritti invalicabili contro la forza”.
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