Attualità
23 ottobre, 2025Dall’Amazzonia alle vittime dei suprematisti fino ai migranti. Il Vaticano sceglie nuove figure simbolo e aggiorna l’essenza stessa della persecuzione e della testimonianza dei valori della fede
Harper Moyski, 10 anni, e Fletcher Merkel, 8 anni, vittime di una sparatoria nell’Annunciation Catholic Church, in una scuola cattolica di Minneapolis, lo scorso 27 agosto, potrebbero presto finire fra i martiri della chiesa cattolica del terzo millennio.
Se i processi di canonizzazione per dichiarare i nuovi santi sono onerosi, complessi e lunghi, quella del martirio è una scorciatoia che da secoli la chiesa cattolica imbraccia per ridefinire sé stessa e ricalibrare la sua posizione nel mondo.
Fuori dall’immagine canonica dei cristiani mandati a morire nel Colosseo nei primi anni della cristianità, solo nell’ultimo quarto di secolo ammontano a 1.624 i testimoni della fede uccisi, secondo la Commissione nuovi martiri, l’organo istituito nel 2023 da papa Francesco con questo scopo precipuo, come spiega Valentina Ciciliot, docente di storia del Cristianesimo e delle chiese presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia: «L’idea è quella di mappare i testimoni cristiani che sono morti per la fede. Non tutti loro saranno iscritti nel calendario liturgico, perché per essere proclamati santi va attestata una devozione. Ma si parla di “martiri e testimoni” perché si tratta comunque di figure di riferimento per la Chiesa e non solo».
Chi perseguita i martiri oggi?
L’idea di stilare una geografia dei martiri odierni nasce da un’intuizione di papa Giovanni Paolo II, puntualizza Ciciliot: «Nel 1999, in vista del Giubileo del Duemila, Wojtyła istituì la Commissione dei nuovi martiri al fine di presentare una chiesa cattolica fortemente perseguitata. Papa Francesco ha ripreso l’esempio, istituendone una nel 2023 in vista del Giubileo della speranza, allargando però le maglie delle forme di persecuzione, dal creato, alle guerre etniche alle espansioni di conflitti religiosi».
Durante tutto il suo pontificato, papa Bergoglio ha messo in luce come la persecuzione in contesti meno occidentali, specialmente nel Sud globale, prenda altri nomi: globalizzazione, disprezzo per il Pianeta, capitalismo. In questo modo, il martirio di chi è lasciato indietro a costo della sua vita è divenuto un modo di guardare al mondo – occidentale, soprattutto – di spalle, lontano cioè dalla promessa di prosperità che il capitalismo mostra di fronte: «Sono donne e uomini, religiose e religiosi, laici e sacerdoti, che pagano con la vita la fedeltà al Vangelo, l’impegno per la giustizia, la lotta per la libertà religiosa laddove è ancora violata, la solidarietà con i più poveri. Secondo i criteri del mondo essi sono stati sconfitti», ha detto papa Leone XIV commemorandoli lo scorso 14 settembre presso la basilica di San Paolo Fuori Le Mura.
Kirk e il martirio come ideologia. Ma non tutto ciò che luccica è oro.
Con la morte di Charlie Kirk, l’attivista di estrema destra vicino al presidente Usa Donald Trump, ucciso il 10 settembre scorso durante un dibattito in un’università dello Utah, il fenomeno del nazionalismo cristiano, testa d’ariete delle destre, ha fuso i simboli religiosi con la retorica del martirio per l’America, «nuova Gerusalemme»
A questa narrazione hanno preso parte anche due celebri rappresentanti del cattolicesimo statunitense: il cardinale Timothy Dolan e il vescovo Robert Barron, che hanno definito Kirk a metà fra un «apostolo del discorso civile» e un «moderno San Paolo», aggiornando il binomio cristianesimo-persecuzione che i cattolici reazionari utilizzano come risposta all’agenda liberal woke: «Sotto l’amministrazione Biden-Harris, sono state vandalizzate oltre 400 chiese, sorvegliate dall’Fbi come luoghi di potenziali terroristi domestici», aveva dichiarato a L’Espresso Brian Burch, nuovo ambasciatore Usa presso la Santa sede.
Ma Kirk assunto a martire è la risposta più calzante al fenomeno di martirizzazione degli afroamericani che, dall’omicidio di George Floyd da parte di un agente il 25 maggio 2020, è diventata la bandiera del giustizialismo democratico, arrivando a influenzare anche alcuni ecclesiastici progressisti, come padre James Martin, che ha affiancato George Floyd a un’iconografia del Black Christ.
Come ha scritto Matteo Caponi, docente di Storia del cristianesimo e delle chiese presso l’Università di Genova: «Paradossalmente, sacralizzando queste morti, un certo numero di opinionisti, personaggi politici, intellettuali e media che hanno una sensibilità antirazzista hanno caricato di significato crimini senza senso, trasformandoli in mali utili e in grado di redimere la società dal “peccato della supremazia bianca”».
Non solo martiri cattolici
La diffusione di martiri fuori da un recinto cristiano, lontano dal modus operandi della Sede Apostolica, ha dato al martirio un accento più laico, che tuttavia non vieta l’analogia tra il modello sacrificale presente nella cultura di massa e la passione di matrice cristiana.
Papa Francesco ha allargato, poi, le maglie del martirio; all’inizio del suo pontificato, scelse l’isola di Lampedusa per commemorare i migranti morti in mare aperto: «Ci sono troppi esodi dal dolore come i profughi e i migranti. Ma noi non siamo condannati a essere spettatori spaventati. I poveri e i martiri ci aiutano a sperare. Mostrano che con l’aiuto di Dio, la parola, l’amore, l’incontro, si può cambiare il mondo», avrebbe detto qualche anno dopo durante la preghiera in memoria dei Nuovi Martiri nella basilica di San Bartolomeo all’Isola, il 22 aprile 2017.
Già papa Giovanni Paolo II aveva ampliato il significato di martirio così com’era stato inteso dai suoi predecessori, includendo non solo i martiri «in odio della fede», ma anche coloro che, agendo secondo l’insegnamento cristiano, si scontravano con i poteri dispotici.
Nel 1982, Karol Wojtyła inaugurò questa celebrazione dell’ecumenismo del martirio nella cattedrale anglicana di Canterbury dove, assieme ai rappresentanti di altre Chiese, furono commemorati i testimoni «che trascendono le confessioni, fra cui Oscar Romero, Martin Luther, Dietrich Bonhoeffer e Maxymilian Kolbe». Caponi ha scritto: «Celebrando i testimoni cristiani appartenenti a diverse confessioni, le Chiese si presentavano come unite nella vittimizzazione, come bersagli di una persecuzione sanguinosa e spietata guidata da una modernità secolarizzata e senza Dio».
I martiri del creato
La visione dalle periferie del mondo di papa Francesco ha portato al pettine i nodi di questa modernità. Come spiega Ciciliot: «Papa Francesco aveva l’idea di globalizzare la santità e di de-occidentalizzarla. La stessa canonizzazione è, infatti, un concetto occidentale, perché le idee di virtù e peccato sono elementi che si faticano a recepire in un cristianesimo inculturato. L’idea alla base è, dunque, quella di mostrare testimoni che non sono più figli delle guerre di religione europee o grandi testimoni dei totalitarismi novecenteschi, ma che porta i segni inflitti al Sud globale».
Con il motu proprio Maiorem hac dilectionem pubblicato l’11 luglio 2017, Francesco ha affiancato all’odio per la fede un nuovo criterio per eleggere un martire: il «dono della vita», che ha permesso l’introduzione dei «martiri del creato», uccisi per custodire il creato.
Fra costoro spicca Dorothy Stang, «protomartire dei martiri del creato», una religiosa statunitense uccisa in Brasile nel 2005 per aver invitato i contadini a non lasciare la propria terra nonostante le continue minacce di incendi.
Come spiega Ciciliot, ricercatrice del legame fra cattolicesimo ed ecologia, «in questo gruppo eterogeneo, i martiri del creato, sono accomunati dall’attivismo ambientalista, praticato in forme diverse, e dall’essere stati uccisi da forze malvagie interessate al profitto e alla distruzione dell’ambiente non per forza anticristiane, almeno nel senso ristretto del diritto sul “martyrium in odium fidei”. Nel loro martirio vi è una forte commistione tra elemento spirituale ed elemento politico, al punto che a volte non se ne intravede il confine».
Anche Leone XIV, nell’omelia del 14 settembre ha citato la «forza evangelica di Suor Dorothy Stang, impegnata per i senza terra in Amazzonia». Segno che il martirio rappresenta ancora la cartina di tornasole dei nostri tempi.
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