Attualità
25 novembre, 2025La parità è pratica quotidiana. Se un genitore spiega che le donne vanno trattate bene, ma poi ridicolizza o sminuisce il femminile, la verità interiorizzata sarà negativa
Se volete scoprire come educate i figli, osservatevi: come reagite agli stimoli, cosa date per scontato e cosa considerate “innocente” nella relazione tra maschile e femminile? Non si acquisiscono modi di pensare, di agire e di parlare solo grazie alle lezioni verbali: bambini e bambine assorbono ciò che vedono e sentono e ne fanno una realtà propria. Sono le sfumature a determinare la qualità dell’apprendimento, e le età più giovani portano a un’estrema aspettativa di coerenza: se un genitore spiega che le donne vanno trattate bene, ma poi trasmette il concetto che la parola femminile sia da ridicolizzare, da filtrare o da sminuire nella sua autorevolezza, la verità interiorizzata sarà negativa.
La piena dignità del femminile è un’acquisizione che deve diventare essenziale, cioè intrinseca all’essenza, permeando i modi di pensare, dire e fare più istintivi e naturali. I figli e i nipoti (ambosessi) devono vivere la parità di genere in ogni singolo aspetto del quotidiano: nella reciproca relazione, bambini e bambine riproducono ciò che percepiscono negli ambienti che frequentano, e lo stesso continueranno a fare nell’età adulta. Con “ambiente” mi riferisco anche alla realtà virtuale che è ormai un luogo concreto.
Educhiamo le generazioni nuove e nuovissime mostrando come ci comportiamo nei gesti piccoli, nelle battute di spirito, nelle cose che diamo per scontate: chi si debba alzare da tavola se manca qualcosa, come guidino le donne, quanto silenzio si debba fare quando papà arriva a casa perché “lui” è stanco, chi possa o debba scegliere per primo, quali parole ci si possano permettere in un litigio. Bambini e bambine colgono tutto, sempre, e lo interiorizzano.
Se l’approccio sessista raggiunge quotidianamente le orecchie e gli occhi attenti dei piccoli, se si dà per scontato che la donna debba dipendere dall’uomo, non cavarsela senza di lui e chiedere il permesso per esprimersi, l’apprendimento è conseguente. Incontro donne che, a dispetto di un lavoro ben remunerato, vivono nella convinzione di non potercela fare senza il compagno, e uomini che considerano normale insultare le loro compagne.
Il modo di parlare è significativo e le parole non sono neutre. Mio marito mi lascia fare quello che voglio: mi riempie di tristezza. Le passo uno stipendio mensile e deve starci: non è commentabile. Eppure, il mio osservatorio psicoterapeutico spesso riguarda fasce medio-alte, sul cui livello culturale non c’è da dubitare.
Il punto è che molti hanno ricevuto indicazioni verbali impeccabili non accompagnate da comportamenti conseguenti, e agiscono come hanno sempre visto fare. Se si vuole eradicare una discriminazione, è bene che l’educazione parta dall’esempio, senza prediche che lasciano il tempo che trovano.
*medico psicoterapeuta
LEGGI ANCHE
L'E COMMUNITY
Entra nella nostra community Whatsapp
L'edicola
Bella, ciao - Cosa c'è nel nuovo numero de L'Espresso
Il settimanale, da venerdì 21 novembre, è disponibile in edicola e in app



