Attualità
23 dicembre, 2025Il trader romano di grano e caffè vuole vendere i club di calcio e basket dopo l’inchiesta sui crediti fiscali. Ecco la storia di un imprenditore che ha amici influenti nel governo, nella camera dei Lord inglesi e, in passato, Diego Maradona
«Sono umiliato da quello che mi hanno fatto a Trapani e mi vergogno di avere dato tanto a questa città. Per la prima volta nella vita ho sbagliato la mia valutazione da imprenditore». Valerio Antonini, romano cinquantenne di fede calcistica laziale, si amareggia a più non posso di fronte a quello che considera il tradimento più grande: l’ingratitudine. Diventato ricco con il trading di grano, nel senso del cereale, Antonini lancia il suo j’accuse contro i tifosi delle sue squadre di calcio e basket che lo contestano, contro il suo ex commercialista Francesco Vulpetti che l’avrebbe consegnato alla truffa dei crediti fiscali, contro il sindaco Giacomo Tranchida, democrat al secondo e ultimo giro a palazzo D’Alì, che gli ha prima conferito la cittadinanza onoraria e poi gli ha revocato la concessione trentennale gratuita per l’uso del palazzo dello sport. Senza parlare di Jasmin Repeša, coach croato e leggenda della pallacanestro europea che ha mollato la panchina dei granata e ha salutato la Sicilia.
A suo vantaggio, Antonini rivendica di avere riportato in alto il depresso sport locale, di averci speso con la sua holding Sport Invest 20 milioni di euro in due anni e mezzo e di non avere abbandonato le squadre al fallimento neppure dopo le penalizzazioni in classifica inflitte dalla giustizia sportiva per mancati pagamenti di tasse e contributi. Il 22 dicembre è attesa la sentenza del Tar del Lazio che, lui spera, sospenderà i provvedimenti. Di certo, l’8 gennaio il Trapani che gioca in Lega Pro sarà castigato con un altro -7 punti dopo il -8 ereditato dalla scorsa stagione.
Antonini venderà? Lui giura di sì, quanto meno per recuperare parte dell’investimento. Dice di avere due offerte: una per il pacchetto Football club Trapani 1905 più Shark basket e una per la sola Shark, che è l’impegno più sostenibile finanziariamente e più appetibile sportivamente visto che gioca in serie A1 dove, senza penalizzazione, sarebbe prima con dieci vittorie su undici partite.
La ribalta dei trionfi in campo si è rovesciata addosso ad Antonini nel giro di pochi mesi. Ancora all’inizio del 2025 l’imprenditore annunciava investimenti per oltre 100 milioni di euro nel rifacimento degli impianti trapanesi con partner altisonanti come il gruppo Gem (global emerging markets) di New York. Sulla scia di Stefano Bandecchi, ex proprietario della Ternana e oggi sindaco della città umbra con velleità di sfondare nella politica nazionale, anche Antonini aveva annunciato a fine agosto la nascita del suo movimento politico Futuro, ben sostenuto dalla sua emittente locale Tele Sud e, chi sa, forse anche dai suggerimenti di Roberto Schifani. L’avvocato palermitano è consulente di Antonini e figlio di Renato, presidente della Regione Siciliana che ha concesso un finanziamento da 300 mila euro alla squadra di calcio. Secondo l’inchiesta dell’agguerrito sito locale Tp24, la Corte dei conti sta indagando sull’uso di questi fondi.
L’obiettivo di Futuro era la corsa a sindaco, lontana tre anni, con una formazione dal profilo ideologico fluido: di destra con lo slogan Make Trapani great again ma anche di sinistra grazie ai rapporti commerciali di Antonini con il Venezuela di Nicolás Maduro.
Futuro appartiene già al passato. Altri impegni urgono in un gruppo che ha il suo quartier generale all’estero in una serie di società con ricavi intorno ai 300 milioni di euro. L’ex holding lussemburghese Quanton comm è stata ceduta nel febbraio 2024 e sostituita da un’altra finanziaria del Granducato, la QTrade house o Qth che commercia granaglie, soia e zucchero in venti paesi. Sul fronte del business sportivo l’altra lussemburghese Leold è stata rimpiazzata dalla T Holding che è controllata dalla Q caffè&cacao ltd, con sede a Londra, e controlla a sua volta Sport Invest. Questa società con sede a Trapani nello scorso mese di luglio ha ampliato il suo oggetto sociale inserendo la progettazione e manutenzione di stadi, la ristorazione e l’organizzazione di eventi legati a impianti sportivi. Anche questo sviluppo, come il sogno politico, difficilmente si realizzerà ma la vicenda imprenditoriale di Antonini rimane immaginifica almeno quanto la sua capacità di stringere e rompere amicizie importanti. Direttore non esecutivo della Qth è il barone Benjamin Mancroft, 68 anni, membro della camera dei Lord del Regno Unito dal 1998 nelle file dei conservatori, appassionato di caccia alla volpe e molto attivo nelle ex colonie britanniche dell’Africa con una dozzina di altri incarichi. Antonini, che è stato in buoni rapporti con Claudio Lotito, presidente della Ss Lazio e senatore forzista, avrebbe inoltre appoggi autorevoli nell’entourage del ministro dello sport Andrea Abodi, fan laziale che preferisce l’abbonamento in tribuna Tevere ai seggiolini riservati alle autorità, pur di non sedersi nei pressi di Lotito.
Il patron dei club trapanesi ha sempre vantato la sua amicizia con Diego Armando Maradona, quando l’ex fuoriclasse argentino viveva a Dubai e gli era vietato l’ingresso in Italia per un lungo contenzioso fiscale. Conosciuto per tramite dell’agente italiano Stefano Ceci, Maradona è diventato la chiave di accesso a mercati vietati a molti trader, come il Venezuela chavista o l’Iran governata dal clero sciita e comune nemica degli yankees detestati da Diego.
Non fra i migliori pagatori, gli iraniani. Antonini ha affermato che i 180 milioni di debiti della sua Quanton erano più che bilanciati da 235 milioni di crediti verso Teheran. In ogni caso il Pibe de Oro si è tenuto a galla con le provvigioni da 300 mila dollari al mese ricavate dagli accordi commerciali del gruppo Quanton. Tanti soldi ma comunque insufficienti a compensare le spese folli del campione.
«Antonini si venne a proporre quando riportai Diego a Napoli», ricorda Angelo Pisani, il legale che ha vinto in Cassazione il processo intentato dal Fisco italiano quando Maradona era già morto da oltre tre anni. «Poi lui e Ceci mi fecero la guerra per convincere Diego, senza riuscirci, che non avremmo mai vinto la causa sulla presunta frode fiscale». Antonini commenta freddamente: «Ceci lo sento una volta ogni tanto».
A proposito di tasse, il sogno della polisportiva trapanese è diventato un incubo proprio con la vicenda dei crediti fiscali, esplosa a giugno con l’inchiesta della Guardia di finanza che ha coinvolto Massimo Cellino, proprietario del Brescia. «L’unico responsabile è Vulpetti», dice Antonini in risposta a un lungo comunicato del professionista che nega ogni responsabilità. Adesso l’imprenditore annuncia ricorsi in commissione tributaria contro l’Agenzia delle entrate. Ma lo sport sa essere crudele. Il fisco, di più.
LEGGI ANCHE
L'E COMMUNITY
Entra nella nostra community Whatsapp
L'edicola
Cartoline per il Palazzo - Cosa c'è nel nuovo numero de L'Espresso
Il settimanale, da venerdì 19 dicembre, è disponibile in edicola e in app



