I genitori di Mario Paciolla, il cooperante italiano delle Nazioni Unite morto nel 2020 in Colombia, non credono alla tesi del suicidio. Oggi, 19 marzo, è prevista a Roma l’udienza di opposizione contro l’archiviazione sollecitata per la seconda volta dalla procura di Roma. “Noi non abbiamo mai creduto che Mario si sia suicidato, lui amava la vita – hanno dichiarato Anna e Pino Paciolla –. Ci sono tanti elementi, anche scientifici, che ci dicono che Mario è stato ucciso”. In un sit in fuori dalla cittadella giudiziaria, con la partecipazione di Articoli 21, Fnsi e Amnesty, i genitori del cooperante hanno ricordato come Paciolla, poco prima di essere trovato senza vita, il 15 luglio del 2020, avesse comprato “un biglietto aereo per tornare a Napoli. Lui amava gli altri: noi da cinque anni cerchiamo risposte. Il nostro è un percorso di verità e giustizia, lo facciamo per lui. Un percorso che abbiamo intrapreso anche per i tanti cooperanti che sono all'estero come il caso di Alberto Trentini", concludono i genitori.
Paciolla era in Colombia, a san Vicente del Caguan, per lavorare per le Nazioni Unite sulla verifica degli accordi di pace tra le Farc e il governo colombiano. Nonostante l’autopsia svolta nel Paese sudamericano abbia indicato come causa del decesso il suicidio per asfissia, i genitori insieme a molte organizzazioni per i diritti umani si sono sempre opposti a questa tesi. A partire dai presunti depistaggi da parte degli stessi funzionari Onu e della polizia accorsa sul luogo. Di depistaggi e di “omissioni significative nei rapporti” aveva parlato anonimamente a L’Espresso un ex funzionario della Missione di verifica delle Nazioni Unite in Colombia (Unvmc): esiste “una certa reticenza nei confronti delle testimonianze di chi vive sotto minaccia del Paese – ha spiegato – e accusa le forze armate regolari di uccisioni arbitrarie. Mario Paciolla, come osservatore dell’Onu, aveva raccolto le voci di chi manifestava sfiducia nei confronti del contingente e denunciava che il mandato a esso affidato fosse stato disatteso”.