Il regista ha spesso intrecciato la sua passione per il calcio alla sua produzione artistica, ma mai come questa volta le sue immagini si sono trasformate in un componimento visionario che ha profetizzato il trionfo di Antonio Conte

Lo scudetto del Napoli, ma raccontato con le immagini dei film di Sorrentino

Diceva qualcuno che il visionario è chi costruisce ciò che i sognatori immaginano. Spesso queste visioni si intrecciano con l’anima, con i desideri più umani e terreni, che spesso però sono quelli in grado di dare delle gioie che, pur effimere, riescono a cambiare la vita di un individuo, o addirittura di un popolo. E se è vero, come sosteneva Arrigo Sacchi, che il calcio è la cosa più importante delle cose meno importanti, non è blasfemo pensare che ci possano essere dei visionari in grado di sublimare l’idea di bellezza con l’estasi di una gioia sportiva come quella dello scudetto vinto dal Napoli.

 

In questo senso, chi è stato in grado di avere una capacità superiore a chiunque altro di anticipare il futuro, immaginare idee addirittura impensabili e di trasformarle in realtà negli ultimi tre anni è stato Paolo Sorrentino. Non è difficile ipotizzare che, nella notte dei sogni, mentre fuma il suo sigaro sulla terrazza del Vomero, abbia rivisto scorrere le immagini dei suoi film che si intrecciavano a quello scritto da Antonio Conte, nel riflesso dell’acqua in cui solitamente si specchia il Vesuvio.

 

Sorrentino questo scudetto lo ha visto prima di tutti. Lo ha sognato, lo ha immaginato, lo ha desiderato e lo ha fatto desiderare non solo ai suo personaggi, ma soprattutto al suo pubblico che nelle immagini della festa di queste ore ha potuto rivedere quello che il regista aveva già vaticinato nelle sue sceneggiature. Attenzione, però: c’è da fare un distinguo. Lo scudetto del Napoli predetto da Sorrentino non era quello di due anni fa, ma era proprio questo. Seppur incredibile e attesa da 33 anni, la vittoria di Spalletti non fu sorrentiniana come questa: quella fu una vittoria con largo anticipo, annunciata, aspettata ma prevedibile. In questa, invece, ci sono tutti gli elementi che abbiamo imparato a riconoscere nelle sue produzioni più amate da “The Young Pope” (e “The New Pope”) fino al suo ultimo lavoro, “Parthenope”.

 

In questa vittoria ci sono le componenti che hanno caratterizzato i suoi personaggi: come la sofferenza silenziosa del Cardinal Voiello, freddo e cinico segretario di Stato del Vaticano sorrentiniano interpretato da un magistrale Silvio Orlando. Il suo logoramento per le vicende nel club azzurro sono forse il suo unico spiraglio di umanità, il suo barlume di verità in una sovrastruttura politica e calcolatrice. Sorrentino lo aveva immaginato fermo, in silenzio, con la divisa ufficiale del Napoli in una snervante attesa. Un’attesa che è stata la stessa che hanno vissuto i tifosi dei nuovi campioni d’Italia e che, nell’ultima settimana, ha raggiunto l’apice di una tensione che parte da lontano.

 

Se fosse stato reale, Voiello, se avesse vissuto i nostri giorni, se avesse camminato davvero nei corridoi della Santa Sede quasi sicuramente la prima cosa che avrebbe chiesto a Papa Francesco una volta uscito dal ricovero sarebbe stata una domanda molto simile a quella che fece a Pio XIII (Jude Law) quando uscì dal coma: “Solo un’ultima cosa, nel periodo in cui era in coma ha saputo qualcosa che riguarda il Napoli. Se vincerà lo scudetto, la Champions League, l’Europa League?”. La risposta di Lenny Belardo fu tanto enigmatica quanto chiara, ma è la voce di Sorrentino a parlare: “Sì so tutto, ho visto tutto quanto”. Ed effettivamente è stato così.

 

E se nel 2017 l’ossessione di Voiello era il Pipita Higuian, quest’anno non poteva che essere la vicenda della stella cometa Kvaraskhelia. Arrivata luminosissima nel cielo di Napoli, riportando in città il tricolore dai tempi di Maradona, la sua scia è andata man mano allontanandosi fino all'addio di gennaio, quando è andata a illuminare il cielo di Parigi. Dev’essere stato un colpo durissimo per un Voiello. Un dolore forte, un bacio di Giuda che non si aspettava di ricevere pur avendone dati molti. Un nervosismo che lo stesso Antonio Conte non è riuscito a smaltire facilmente, figuriamoci per uno che è stato denunciano dal titolare del ristorante “Er core de Roma” per averlo minacciato fisicamente dopo aver sentito la frase “Maradona si droga ancora”.

 

Nei suoi silenzi però Voiello, mentre riguardava i video dello scudetto 2023, quello che gli ha dato la gioia che nemmeno la sua futura elezione al soglio pontificio gli avrebbe dato, ha continuato a coltivare la speranza che la sua Napoli ce l’avrebbe fatta, in qualche modo. Come sempre. E ha continuato a pregare e a intrecciare i suoi sogni con quelli di Fabietto Schisa, l’alter ego di Sorrentino in “È stata la mano di Dio”. Questo Napoli, così come Fabietto-Paolo, è riuscito a seguire il consiglio più importante del film. L’invito brusco, crudo, potente e struggente del regista Antonio Capuano è quello che si sarà ripetuto Antonio Conte nella testa negli ultimi tre o quattro mesi: “Non ti disunire, Antò, non ti disunire”.

 

E così, Napoli è tornata a essere la splendida Parthenope, di una bellezza disarmante e ammaliatrice che, proprio come la sirena della leggenda, è riuscita ad attirare a sé tutti gli eventi positivi che potevano arrivare dopo tutta questa sofferenza interiore, a partire dalla doppietta di Pedro che ha spento i sogni di tricolore dell’Inter. Napoli ha riacquisito quel potere salvifico, “La mano di Dio” che ha salvato la vita di Fabietto Schisa che proprio per andare a vedere la vittoria dello scudetto del Napoli è riuscito a salvarsi dall’incidente che gli ha tolto la famiglia. Lo spiegava bene Jep Gambardella: “Finisce sempre così, con la morte. Prima, però, c'è stata la vita, nascosta sotto il bla bla bla bla bla”. E la vita, per Napoli, quella vita è adesso. In uno stupore tutto nuovo, sempre diverso e incantatore che si traduce nell’immagine più onirica ma allo stesso tempo più reale che Sorrentino abbia potuto inserire in “Parthenope”: quella sorpresa sul volte della Parthenope adulta (Stefania Sandrelli) che ha gli occhi di una bambina davanti a una nave luminosa piena di tifosi che festeggiano lo scudetto del Napoli cantando “Un giorno all’improvviso”. Sorrentino l’ha fatto ancora: aveva previsto anche questo.

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