I centri per migranti in Albania potrebbero non essere compatibili con il diritto europeo. Il condizionale è d’obbligo, perché l’ultima parola sarà della Corte di giustizia dell’Unione europea, ma intanto la Cassazione ha scelto di rinviare in Lussemburgo due cause che hanno a che fare proprio con il (contestato) accordo tra Roma e Tirana. In particolare, i giudici europei dovranno esprimersi sul più recente decreto Albania che ha trasformato gli hotspot in Cpr. I rinvii, come spiega il Manifesto, sono contenuti in due provvedimenti fotocopia nati dai ricorsi del Viminale contro altrettante negate convalide del trattenimento decise dalla Corte d'appello di Roma.
In particolare, i casi riguardano quello di un migrante in situazione di irregolarità amministrativa e di un richiedente asilo che, dal Cpr di Gjader, hanno fatto domanda di protezione internazionale. Nel primo, la Cassazione ipotizza che il trasferimento in Albania possa essere in contrasto con la cosiddetta “direttiva rimpatri” perché la legge di conversione del protocollo Italia-Albania dispone trattenimenti senza “prospettive determinate” di rimpatrio (e quindi in possibile violazione della direttiva 2008/115); nel secondo, riguarda la "direttiva accoglienza" e, nello specifico, la necessità di verificare il rispetto del diritto a rimanere nel proprio Stato dopo che si fa domanda di protezione. Proprio avvalendosi di quest’ultimo punto, nelle scorse settimane la Corte d’appello di Roma aveva imposto il ritorno dei migranti in Italia - disapplicando quindi il decreto Albania - che dall’altra sponda dell’Adriatico avevano fatto domanda di protezione internazionale. Alla luce di quest’orientamento giurisprudenziale, è prevedibile che ogni volta che un migrante chiederà asilo dall’Albania lo stesso tribunale ne ordinerà il rientro in Italia.
Il patto Meloni-Rama sui migranti rischia quindi di subire un ulteriore battuta d’arresto, dopo i “problemi” degli scorsi mesi che, in attesa di un’altra pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione europea sul concetto di “Paese sicuro”, hanno portato il governo a trasformare la destinazione d’uso dei centri albanesi. L’ultima parola, anche per questi ultimi due casi, sarà comunque dei giudici del Lussemburgo: nell’attesa, è difficile - anche se non ci sono automatismi - che un tribunale italiano darà nelle prossime settimane il proprio assenso alla detenzione nei Cpr in Albania.