L’attività agonistica non si può ridurre al solo benessere fisico. È un vero e proprio sistema industriale, con ricadute occupazionali e investimenti

Lavoro, turismo e innovazione? Si fanno per sport. Vito Cozzoli, già Ad di Sport e Salute, spiega la "doppia anima" della ex Coni Servizi nel suo libro

«Sport e Salute ha una doppia anima». Nelle pagine del libro “L’anima sociale e industriale dello sport” (Piemme), Vito Cozzoli ripercorre alcune tra le tappe più importanti del suo mandato, dal marzo 2020 all’agosto 2023, come presidente e amministratore delegato di Sport e Salute – la ex Coni Servizi – società in house partecipata al 100 per cento dal ministero dell’Economia e delle Finanze. «Un triennio di servizio», spiega l’autore, «con la missione di promuovere, sviluppare e diffondere i principi, i valori dello sport e gli importanti benefici che può produrre per la collettività e affermarlo come diritto di tutti e per tutti, in ogni angolo del Paese». Un saggio attuale, che si propone di mettere in risalto il ruolo dello sport nella società italiana. L’assunto iniziale è uno: lo sport non è solo attività fisica o spettacolo agonistico, ma una vera e propria infrastruttura sociale, un comparto economico e strategico. 

 

«Un driver per l’economia, per il turismo e per la crescita del movimento», spiega Cozzoli, che sottolinea come sia «un settore industriale che genera valore economico, occupazione e innovazione». Il volume si sviluppa lungo due binari paralleli: l’anima sociale e quella industriale dello sport. L’attività fisica è uno strumento che, più di altri, è in grado di creare inclusione, benessere e coesione sociale, soprattutto nei contesti fragili o periferici. Ma la sua utilità non si ferma qui: si tratta di un settore che ha anche un grande potenziale economico e industriale, capace di generare occupazione, attrarre investimenti e implementare tecnologie innovative. A sostegno della tesi per cui l’attività fisica ha una sua funzione sociale, Cozzoli riporta diversi esempi. Tra questi, spicca il progetto “Sport nei parchi”, iniziativa nata dalla sinergia tra l’Associazione nazionale dei comuni d’Italia (Anci) e Sport e Salute durante il periodo della pandemia da Covid-19, in cui gli spazi chiusi per la preparazione atletica erano diventati luogo ad alto rischio di contagio. «Una palestra a cielo aperto ci è sembrata una buona alternativa e si è dimostrata un asso nella manica». 

 

Degno di nota anche il progetto “Carceri”, volto a promuovere lo sport come strumento e opportunità di rieducazione per i detenuti, attraverso il potenziamento dell’attività negli istituti penitenziari per adulti e nelle carceri minorili. Un modo per riscattarsi e per allontanarsi dal tipo di vita a cui si rischia di sentirsi destinati. «All’inizio, si pensa all’allenamento come a una forma di fuga», scrive l’autore. «Poi, col tempo, la passione e la costanza, si impara che quel tipo di fuga è ritrovare sé stessi». Quella di Cozzoli è una riflessione che parte da esperienze reali per proporre una visione strategica e concreta dello sport come risorsa al servizio della collettività, che dell’attività fisica restituisce l’immagine di una realtà complessa e multilivello: è benessere individuale, strumento educativo, presidio sociale, ma anche leva di sviluppo, innovazione e crescita economica. Superando lo stereotipo dello sport visto solo come intrattenimento o passione, se ne può, così, riscoprire l’essenza più profonda e trasformativa.

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