Al via a Milano, a Palazzo Mezzanotte, sede di Borsa italiana, il "dialogo tra giovani, economia e finanza" promosso dall'Osservatorio permanente giovani-editori", in partnership con Intesa Sanpaolo

Young Factor, Ceccherini: "Abbiamo bisogno di tenere i giovani dentro le discussioni che contano, per un'Europa che guardi lontano"

“L’obiettivo di questa tre giorni è definire insieme una strategia efficace per tenere i giovani dentro le discussioni che contano nella società”. Andrea Ceccherini, il presidente dell’Osservatorio giovani editori, ha aperto così la terza edizione di Young Factor, il “dialogo tra giovani, economia e finanza” moderato da Maria Latella che è iniziato oggi - 17 giugno - e andrà avanti per due giorni, a Palazzo Mezzanotte a Milano, sede di Borsa italiana. Centinaia di ragazzi e ragazze provenienti da tutta Europa. E proprio l’Europa è uno il focus dell’intervento inaugurale di Ceccherini. “Solo il 36 per cento dei ragazzi under 25 ha votato alle scorse elezioni europee. Il dibattito è sempre più incentrato sul presente e meno sul futuro. Per questo, quella che si apre oggi a Milano sarà una discussione sui grandi temi del momento: inflazione, costo della vita, lavoro povero, ambiente, dazi, rapporti transoceanici, per non parlare delle guerre che incombono. Vogliamo dimostrarvi - ha detto il presidente dell’Osservatorio Giovani-Editori, rivolgendosi ai giovani in platea - che tutti questi temi si possono affrontare meglio, a patto che vi lasciate accompagnare da due grandi compagni di viaggio: la coscienza critica e una qualche conoscenza dell’alfabetizzazione economico-finanziaria, che non è un’optional ma è un must”. E poi un appello più politico, per “un’altra Europa che diventi al più presto un’Unione politica vera e propria che sappia guardare lontano. Non c'è dubbio che questa sia una fase in cui i timori dominano sulle speranze, ma abbiamo il dovere di trovare il filo di un sogno che l'Europa, quando deciderà di ripartire, può rappresentare”.

 

Anche per Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Unicredit, “siamo qui per parlare di educazione economico-finanziaria, ma soprattutto per parlare di futuro”. “Viviamo un tempo complesso - ha continuato - tra interruzione delle catene di approvvigionamento, rischi geopolitici, cambiamenti climatici, sviluppo tecnologico rapido e dirompente. Viviamo in una realtà sfaccettata: da una parte abbiamo vulnerabilità profonde - sociali, culturali, economiche - e dall’altra un potenziale spesso inespresso che chiede di essere ascoltato. In un contesto in cui cresce la disuguaglianza e il senso di smarrimento nel futuro è tangibile, l’educazione finanziaria diventa uno strumento di giustizia sociale e una leva per la cittadinanza attiva”. Se i giovani e il futuro sono due dei binomi della tre giorni di Young Factor, anche Gros-Pietro parla dei giovani e della loro “sensazione di vivere in un futuro bloccato. Circa il 25 per cento dei ragazzi tra i 15 e i 29 anni si sente smarrita: non studia, non lavora e spesso di rifugia in un mondo virtuale - è il ragionamento del presidente di Unicredit Circa il 25 per cento dei ragazzi tra i 15 e i 29 anni si sente smarrita: non studia, non lavora e. Noi adulti abbiamo il dovere di condividere con loro ciò che abbiamo imparato, che la vita diventa piu facile se la si affronta con coraggio. Passare dal ‘like’ al ‘make’. Il passaggio generazionale deve portare un cambiamento culturale profondo, capace di passare verso un’economia sostenibile. Young Factor è anche questo: un investimento per il futuro, per costruire spirito critico”, ha detto dal palco Gros-Pietro, per poi concludere il suo intervento: “I giovani non sono il futuro, sono il presente che costruisce il futuro. E allora diamo loro fiducia, ma soprattutto diamo loro strumenti”.

 

La globalizzazione è la protagonista dell’intervento dell’'ex presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, intervistato dal vicedirettore del Tg5, Giuseppe De Filippi. Un’interdipendenza globale che oggi è sempre più messa in discussione, a iniziare da Donald Trump che, proprio sulle promesse di difendere gli sconfitti della globalizzazioni, ha vinto le elezioni americane lo scorso novembre. “Mi pare di percepire che la nuova amministrazione degli Stati Uniti ha veramente rafforzato la sua cautela nei confronti della globalizzazione. Questo è un mandato che il presidente americano ha ricevuto dagli operai americani. Tutto sommato - è il giudizio di Trichet - direi che la globalizzazione ha avuto più effetti positivi che negativi, più pro che contro. La globalizzazione ha anche consentito di aumentare la prosperità dei cittadini e dei consumatori in questa economia avanzata, è stato veramente un motore molto potente e ha pure consentito di sviluppare in maniera straordinaria i Paesi più poveri del mondo”. Che futuro per la globalizzazione, quindi? “Credo continuerà”, ha continuato l’ex numero uno della Bce, anche se non ha negato un mea culpa su quanto fatto negli ultimi anni, soprattutto prima della grande crisi economico-finanziaria del 2008. "A mio parere la globalizzazione non è stata a repentaglio, però c'è stata una mancanza di una gestione corretta del mondo finanziario. All'epoca pensavamo che avevamo applicato un modello positivo con il laissez faire, una negligenza positiva, quando c'era un eccessivo livello di indebitamento, c'era la crisi del subprime. Bisognava effettivamente fare i conti con il fatto che abbiamo, come dire, trascurato elementi di prudenza in tutti i settori finanziari", ha concluso Trichet.

 

Poi è stata il turno della presidente di Borsa italiana, Claudia Parzani, che - anche lei - ha concentrato il suo intervento su binomio tra giovani ed Europa. "Mentre i ragazzi si sentono europei, dall'altra parte non riescono a trovare senso di appartenenza in mondi politici che li rappresentano meno. C'è il vuoto che si crea perché non ci si sente rappresentati. Mancano orizzonti lunghi e larghi, una visione long term capace di abbracciare un'Europa che deve essere veramente unita”.

 

Per il presidente dell’Associazione di fondazioni e di casse di risparmio (Acri), Giovanni Azzone, intervistato da Agnese Pini, “i neet sono il simbolo di una società che non riesce a sostenere il suo sistema di welfare. Serve individuarli, formarli e accompagnarli - ha aggiunto - verso il mondo del lavoro. Quindi bisogna mettere insieme scuola e mondo del lavoro. Nessuno da solo ha la possibilità di risolvere il tema dei Neet". Affrontando il tema dei giovani, Azzone ha poi sottolineato che "i ragazzi hanno una capacità di vedere il mondo superiore alla nostra. Quello che serve, invece, è eliminare le barriere per i ragazzi. Loro hanno la possibilità di avere più opzioni e quindi, forse, è più difficile scegliere. Noi non abbiamo le terre rare ma la risorsa strategica della nostra società sono i giovani".

 

Poi è stato il turno del presidente della Banca centrale portoghese, Mario Centeno, che dal palco di Young Factor - intervistato dal vicedirettore di Repubblica, Walter Galbiati - ha iniziato il suo intervento criticando le politiche economiche della nuova amministrazione americana: “Trump si trova a governare un Paese che ha problemi seri e profondi da affrontare. Tuttavia, le sue ricette sono sbagliate”. "Gli Stati Uniti - ha aggiunto - soffrono di un problema di indebitamento eccessivo, e la loro crescita negli ultimi dieci anni è stata rallentata da un debito pubblico non sostenibile. Il controllo dei capitali e l'imposizione di dazi non sono la risposta giusta. Gli Usa devono affrontare i propri squilibri strutturali, ma la strada che hanno intrapreso non è sostenibile. Ed è proprio in questo contesto che si apre un'opportunità per l'Europa: è il momento di whatever it takes per l’Europa”, ha detto Centeno riecheggiando il celebre slogan di Mario Draghi. Poi, un passaggio sui dazi e sull’Unione europea: “I dazi sono tasse che fanno contrarre l'economia e portano a un aumento dei prezzi. Se l'Europa - ha proseguito il presidente della Banca centrale portoghese - dovesse decidere di rispondere con proprie ritorsioni ai dazi americani, allora rischierebbe di fare come gli Stati Uniti e appunto a esporsi a minore crescita e maggiore inflazione. Quindi bisogna avere cautela”. "Il momento dell'Europa è ora. Noi siamo bravi a fare riforme nei momenti difficili ma poi ci adagiamo. Quello che ci serve ora in questo momento di grande trasformazione geopolitica è ravvivare lo spirito che abbiamo avuto nella grande crisi finanziaria, serve una chiamata all'azione".

 

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