Attualità
15 luglio, 2025A otto mesi dall'arresto dell'operatore umanitario a Caracas, il sit-in di fronte al tribunale di Roma: "Il governo deve attivarsi". Presente anche Elly Schlein: "Questo silenzio non può continuare"
Era il 15 novembre del 2024 quando Alberto Trentini è stato arrestato in Venezuela, senza motivazioni ufficiali, mentre viaggiava da Caracas verso Guasdualito. A distanza di mesi, associazioni e società civile continuano a stringersi attorno ai genitori per chiedere che l’operatore umanitario, nel frattempo accusato di “cospirazione”, torni in Italia e che il governo faccia di più la sua scarcerazione. “Oggi sono otto mesi esatti che mio figlio Alberto è in prigione ma tutto tace e tace anche la nostra presidente del Consiglio – denuncia Armanda Colusso, madre di Alberto -. Questo silenzio per me e la mia famiglia è insostenibile, il nostro governo deve attivarsi come ha fatto quello svizzero con il compagno di prigionia di mio figlio che è stato liberato da poco e ha raccontato alla stampa le terribili condizioni di detenzione in cui si trova ancora Alberto”, ha affermato parlando fuori dal tribunale di Roma, dove oggi – 15 luglio – è in programma una nuova udienza del processo per l’omicidio di Giulio Regeni. Le due storie – quella del ricercatore italiano rapito e ucciso in Egitto nel 2016 e quella di Trentini, che lavorava per la Ong "Humanity & Inclusion" impegnata nell'assistenza umanitaria alle persone con disabilità – si intrecciano e, tra l’altro, sono seguite entrambe dall’avvocata Alessandra Ballerini.
"Non possiamo più aspettare"
“Non possiamo più aspettare – ha continuato Colusso – le nostre istituzioni dimostrino di avere a cuore la vita di un connazionale e si adoperino con urgenza ed efficacia per riportare a casa nostro figlio mettendo in campo qualsiasi strumento di diplomazia come è stato fatto in altri casi: ogni giorno di inerzia in più corrisponde ad indicibili sofferenze per Alberto e per noi. Contatti non ce ne sono e noi aspettiamo con fiducia che qualcuno faccia ciò che è necessario. Otto mesi sono troppi e dobbiamo ribellarci”.
Don Ciotti: "Troppi silenzi"
Il presidente di Libera, don Luigi Ciotti, ha denunciato i “troppi silenzi che hanno accompagnato questi mesi. Troppe prudenze, troppe deleghe e, soprattutto, troppe ambiguità. Torneremo a far risuonare forte la nostra voce in nome di Alberto Trentini. Alberto è un nome che non porta in sé nessuna colpa. Anzi porta con sé la generosità di andare nel mondo, nei contesti più difficili, a sostegno dei più fragili. Essere impegnati per i diritti umani non può trasformarsi in una colpa. È passato troppo tempo, stiamo perdendo tempo – ha aggiunto –. È un silenzio assordante: chi ha delle responsabilità in questo Paese usi la faccia. C'è un presidente, un tiranno che si professa cattolico e che manda i suoi figli nelle scuole cattoliche, si ponga una mano sulla coscienza che Dio fa esattamente il contrario e ci invita a impegnare la vita per i diritti di tutte le persone. Il presidente Maduro faccia la propria parte e la faccia anche la nostra presidente”.
Schlein: "Il governo si impegni concretamente"
Al sit-in di fronte al tribunale di Roma c’era anche la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein: “Continuiamo a chiedere come abbiamo fatto nei mesi scorsi ogni sforzo per la liberazione di Alberto Trentini che non ha colpe se non quella della generosità di andare per il mondo ad aiutare chi è più in difficoltà. Questo silenzio – ha aggiunto la leader dem – non può continuare, serve un impegno concreto da parte del governo e di chiunque ne ha il potere, noi la nostra parte la stiamo facendo, per la liberazione di Alberto. Sono passati otto mesi, il governo svizzero si è impegnato per la liberazione di chi era in carcere con Alberto Trentini e ha raccontato di indicibili sofferenze all'interno di questo carcere. È una situazione che non può essere tollerata un minuto di più. Ribadiamo al governo una richiesta di impegno concreto”, ha concluso Schlein.
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