Attualità
15 luglio, 2025Gli ermellini bocciano un ricorso del ministero della Giustizia contro l'autorizzazione del tribunale di sorveglianza data al boss di Cosa Nostra Davide Emmanuello per avere un "incontro visivo" con una donna con cui scambiava lettere dal 2008
Se si è reclusi al 41 bis, è comunque possibile avere un incontro “visivo” con chi si ha una relazione affettiva, anche se il partner non è un familiare. Una sentenza della Cassazione sul carcere duro, nel bocciare un ricorso del ministero della Giustizia, dà ragione al tribunale di sorveglianza che aveva accolto l’istanza del boss di Cosa Nostra, il gelese Davide Emmanuello, contro il divieto imposto dal direttore del carcere di Sassari. La pronuncia degli ermellini non impatta su quanto già permesso – e cioè che, in nome del diritto all’affettività, è possibile ricevere visite dai familiari, anche se con diverse limitazioni – ma dà la possibilità, a un boss in carcere da oltre 25 anni, di incontrare per la prima volta dal vivo, anche se attraverso un vetro, una persona con cui ha avuto un rapporto epistolare dal 2008.
Per i giudici della Cassazione, il “no” del direttore del carcere sardo doveva essere motivato dopo aver bilanciato “le esigenze di affettività del soggetto ristretto e quelle di sicurezza pubblica, le quali, laddove ritenute prevalenti, non consentono di soddisfare tale diritto”. In questo caso specifico, i giudici avevano verificato che la donna era lontana dagli ambienti della criminalità organizzata ma anzi era attiva nel volontariato a favore dei diritti dei detenuti.
Clara Holme – questo il nome della donna italo-britannica modenese, di 55 anni – ha salutato la sentenza con favore. “Con Davide Emmanuello ci scriviamo dal 2008 e solo qualche anno fa mi disse di usare strumenti per dimostrare la sua innocenza – ha raccontato –. È stata una grande emozione riuscire a vederlo per la prima volta lo scorso maggio, quando abbiamo potuto dirci quanto ci vogliamo bene. L’ho conosciuto perché facevo parte di varie associazioni per reinserimento dei detenuti in carcere. Quando l’ho visto ho pensato alla speranza”.
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