Attualità
28 luglio, 2025Fino al 4 agosto in Lombardia la Final Six della Libyan Premier League. Tutto è nato da un viaggio di Meloni e Abodi a Tripoli: sport in cambio di accordi su energia e migranti. Nel 2024 la presenza del figlio di Haftar aveva fatto imbarazzare i ministri italiani
Il calcio d’estate – si sa – è fatto di ritiri pre-campionato e amichevoli: le rose non sono ancora al completo, gli atleti lavorano duro per tornare in forma, gli allenatori cercano gli equilibri per affrontare al meglio la stagione. Ma succede anche che in un triangolo di Lombardia si faccia più sul serio e si giochino le finali della Premier League. Non quella inglese, però, ma quella libica. Sei squadre in un girone unico per salire sul tetto, calcistico, del Paese nordafricano. Dal 25 luglio al 4 agosto vanno in scena infatti le fasi finali della Libyan Premier League che si stanno tenendo tra l’Arena civica di Milano, Sesto San Giovanni e Meda.
Il calcio libico in Italia nell'ambito del Piano Mattei
Tutto deve rimanere segreto – per entrare agli stadi bisogna essere inseriti in liste super-esclusive – anche se, poi, tutta questa segretezza non c’è. Quella di quest’anno è la seconda edizione: lo scorso anno la Final Six si era tenuta tra la Campania e l’Abruzzo, dopo che la delegazione libica aveva rifiutato gli stadi (e gli alberghi) in Toscana e nel Lazio. Il calcio – si sa anche questo – è ormai diventato qualcosa che travalica i confini dello sport. E così, le fasi finali del campionato libico si inseriscono nell’ambito del Piano Mattei del governo Meloni e nascono da un viaggio in Libia, nel maggio del 2024, della presidente del Consiglio accompagnata dal ministro dello Sport Andrea Abodi: il pallone in cambio di accordi energetici e sui migranti. La Libia, con l’Algeria, è per l’Italia il primo fornitore di greggio - Tripoli copre il 21,5 per cento delle nostre importazioni di petrolio. Per le migrazioni, poi, è noto il ruolo svolto dal Paese nordafricano per fermare – con metodi controversi – le rotte verso le coste meridionali dell’Italia.
Partite spesso movimentate
L’Italia diventa così il palcoscenico su cui disputare le Final Six del campionato libico. Che non sempre vanno come previsto. Quest’anno sugli spalti, come scrive Gazzetta dello Sport, oltre a uno sparuto gruppetto di tifosi venuti direttamente dalla Libia ci sono uomini della Digos e un ministro del Paese nordafricano. Ma in campo non sono mancate le tensioni: il match all’Arena di Milano tra l’Al Ahli Tripoli e l’Al Ahly Benghazi è stato sospeso per 45 minuti per “indisciplina delle panchine”. Scene non nuove per il campionato libico: lo scorso 19 giugno, anche il derby di Tripoli è stato sospeso dopo l’invasione di campo da parte di un gruppo di ultras, il ferimento dell’arbitro e gli scontri all’esterno dello stadio che hanno incendiato due vetture e un autobus (le due squadre si incontreranno il prossimo 2 agosto allo Stadio Breda di Meda).
Il caso del figlio di Haftar
Vedremo come andranno a finire – calcisticamente e politicamente – le finali di quest’anno. Lo scorso anno le cose non andarono benissimo. Per l’occasione era arrivato in Italia Saddam Haftar, figlio del leader della Cirenaica Khalifa Haftar – che controlla la Libia orientale, quella in teoria non riconosciuta dal governo italiano ma con cui comunque dialoga, nonostante lo smacco riservato al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, a cui è stato negato l’ingresso. Ebbene, lo scorso anno a Saddam Haftar era stato impedito l’ingresso in campo per le premiazioni, per evitare – sembrerebbe essere stata questa la motivazione – ai politici italiani foto imbarazzanti. A quel punto Haftar, che è anche il presidente dell’Al Nasr Benghazi, aveva ordinato ai suoi giocatori di disertare la premiazione che si tenne allo Stadio dei Marmi di Roma, e il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, era stato costretto a consegnare coppa e medaglie a un magazziniere che le aveva poi portate nel parcheggio dove Haftar & Co. stavano festeggiano (a modo loro).
I club libici controllati da capi di milizie
Per inciso: in Libia, le principali società calcistiche sono controllate da personaggi controversi. Non c’è solo il figlio del generale Haftar. Per esempio, l’Al Ahli Tripoli era di Abdel Ghani al Kikli, meglio noto come Gheniwa, che era a capo di una delle milizie più potenti del Paese – che tra le altre cose gestiva anche le motovedette fornite dall’Italia – e che è stato ucciso, lo scorso 12 maggio, in uno dei tanti scontri a fuoco che si ripetono nel Paese. Il direttore generale del club è Osama Tleesh, uomo forte nella faida che si è riaperta di recente per il controllo di Tripoli e che ha preso il posto di al Kikli nell’Ovest della Libia.
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