Attualità
28 luglio, 2025Il messaggio della donna che si è vista riconoscere il diritto al suicidio assistito ma che, in quanto paralizzata, ha bisogno di un medico per la somministrazione del farmaco. Il suo caso è finito alla Consulta, che ha dichiarato inammissibile il quesito
“I miei tempi non sono quelli della politica. I parlamentari hanno rinviato la discussione sul fine vita a settembre, come se la mia malattia potesse prendersi una pausa estiva. I miei tempi non sono neanche quelli della giustizia. I giudici chiedono altra documentazione” e “approfondimenti. Ma ogni giorno in più, per me, è sofferenza”, una forma di “tortura” e un'“umiliazione. Vi chiedo una sola cosa: fate presto”. Inizia così l’accorato appello di Libera, la donna che, pur avendo visto riconosciuto il suo diritto al suicidio assistito, non può concretamente accedervi perché, essendo paralizzata a causa della sclerosi multipla, dovrebbe essere aiutata da un medico a morire. E, quindi, si uscirebbe dai perimetri individuati dalla Corte costituzionale nella storica “sentenza Cappato” in cui ha individuato gli elementi per il fine vita.
Il suo caso è finito davanti la Consulta che, venerdì scorso – 25 luglio – ha dichiarato inammissibile il quesito. I giudici costituzionali non si sono espressi sul merito – al centro della questione c’era la possibilità da parte di terzi di somministrare il farmaco letale – ma hanno rinvenuto dei difetti nella motivazione del giudice di Firenze circa la reperibilità dei dispositivi di autosomministrazione del farmaco letale per Libera. Le servirebbe un dispositivo attivabile con comando vocale o tramite bocca o occhi. Escludendo, cioè, l’intervento di terzi, non previsto in Italia.
In base alla pronuncia della Consulta, il giudice dovrà verificare l’esistenza, nel territorio nazionale, di questo tipo di strumento. Ma nel frattempo, come spiega l’Associazione Luca Coscioni, “le condizioni di Libera sono peggiorate, non riesce quasi più a parlare”. “Capisco che sia difficile comprendere davvero cosa significhi per me continuare ad aspettare – ha proseguito Libera –, ma è proprio questo il punto: i miei tempi non sono quelli della politica” né della giustizia, che negli ultimi anni è stata la supplente dell’inerzia del Parlamento sul fine vita.
“La Corte costituzionale non entra nel merito della questione di legittimità costituzionale esaminando l'articolo 579 codice penale – osserva Filomena Gallo, segretaria nazionale dell'Associazione Luca Coscioni e legale di Libera –, non chiude la porta, anzi ribadisce e rilancia alcuni principi fondamentali”, cioè “il diritto all'autodeterminazione e il ruolo attivo del Servizio sanitario nazionale nel fine vita. Ora il procedimento su Libera torna al tribunale di Firenze, che dovrà effettuare delle verifiche su scala nazionale, coinvolgendo anche il ministero della Salute". "L'urgenza è evidente – aggiunge Gallo –: le condizioni cliniche di Libera stanno peggiorando e ogni ulteriore rinvio rischia di trasformarsi in una concreta negazione del diritto che le è stato già riconosciuto. In questi casi, il tempo non è una semplice variabile: diventa parte integrante del diritto stesso”.
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