Attualità
1 agosto, 2025La querela della donna presentata tramite Filomena Gallo, avvocata dell'associazione Luca Coscioni. All'Azienda sanitaria universitaria giuliano isontina, che ha rifiutato per tre volte la richiesta della donna affetta da sclerosi multipla, è contestato anche il rifiuto di atti d'ufficio
Prima di andare morire in Svizzera dove ha avuto accesso al suicidio medicalmente assistito, dopo i tre “no” ricevuti in Italia, Martina Oppelli non ha solo lasciato un messaggio ai parlamentari affinché approvino “una legge sensata” sul fine vita, ma ha anche denunciato per "tortura" l’Azienda sanitaria universitaria giuliano isontina. La querela nei confronti dell’Asl locale, che le ha concretamente negato l’accesso al fine vita, è stata depositata tramite l’avvocata Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’associazione Luca Coscioni. Lo ha annunciato oggi - primo agosto - il tesoriere Marco Cappato. Oltre alla tortura, Oppelli ha contestato all’azienda sanitaria anche il rifiuto di atti d’ufficio.
Al di là del profilo penale, Filomena Gallo lo scorso primo luglio aveva già parlato esplicitamente di “tortura” inflitta dall’azienda sanitaria perché - questo il ragionamento - la cinquantenne triestina “vive una condizione di totale dipendenza da caregiver per lo svolgimento di ogni singola attività quotidiana, comprese le funzioni biologiche primarie” e “utilizza quotidianamente la macchina della tosse per evitare il soffocamento ed è sottoposta a una terapia farmacologica con innegabile funzione salvavita”. Nonostante ciò, per giustificare i suoi ripetuti “no”, la Asl locale aveva sempre negato l’elemento della dipendenza che, in base ai criteri individuati dalla Corte costituzionale, le avrebbe permesso di accedere al suicidio medicalmente assistito”.
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