Attualità
12 settembre, 2025Non ha potuto ricevere visite dell’ambasciatore né del console italiano e ha potuto solo fare due brevi telefonate di pochi secondi alla famiglia (l’ultima a fine luglio). “Riportatemelo a casa”, chiede incessantemente la madre Armanda Colusso
Oggi, 12 settembre, sono 300 giorni che il cooperante italiano di 46 anni, Alberto Trentini, è detenuto nel carcere venezuelano El Rodeo I, alla periferia di Caracas. Senza che contro di lui siano mai state formalizzate accuse. Nei dieci mesi trascorsi nel penitenziario, Trentini non ha potuto ricevere visite dell’ambasciatore né del console italiano e ha potuto solo fare due brevi telefonate di pochi secondi alla famiglia (l’ultima a fine luglio). “Riportatemelo a casa”, chiede incessantemente la madre, Armanda Colusso.
In un’intervista alla Cnn, il ministro degli Esteri Yván Gil ha parlato esplicitamente del caso, sostenendo che Trentini sia “sotto processo. C’è una causa in corso che continuerà”. Senza dire, però, quali sarebbero le accuse a suo carico. Secondo l’avvocata della famiglia, Alessandra Ballerini, sarebbe la prima volta che un membro del governo venezuelano commenta la questione in pubblico. I canali diplomatici sono stati attivati e a fine luglio il ministero degli Esteri, sotto la guida di Antonio Tajani, aveva nominato un inviato speciale per i detenuti italiani in Venezuela, Luigi Vignali. Ma nonostante lo sforzo della Farnesina e dell’ambasciata italiana in Venezuela, il dialogo tra i due governi rimane lungo e difficile.
"Il Partito democratico ha seguito con grande preoccupazione fin dal primo giorno il dramma di Alberto Trentini, il cooperante italiano ingiustamente detenuto in Venezuela dal 15 novembre scorso”, ha dichiarato Peppe Provenzano, responsabile Esteri nella segreteria Pd. “A 300 giorni esatti dal suo arresto vogliamo ribadire con forza, insieme alla solidarietà e alla vicinanza personale e politica alla famiglia, il nostro impegno affinché le istituzioni italiane non tralascino nessuno sforzo o tentativo per porre fine a questo supplizio”.
Il cooperante del Lido di Venezia era arrivato in Venezuela il 17 ottobre 2024 per una missione umanitaria per conto della Ong francese Humanity & Inclusion. Meno di un mese dopo (il 15 novembre), però, era stato arrestato e condotto in carcere.
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