Attualità
17 settembre, 2025Decine di piccoli Paesi e città hanno approvato mozioni per riconoscere lo Stato mediorientale. Un movimento dal basso in continua crescita. Per fare pressione sulle istituzioni silenziose
Andrea Fiori, sindaco di Montopoli in Sabina, località di poco più di quattromila anime nell’Alta Valle del Tevere, la spiega così, mettendoci dentro un po’ di utopia, ma mica tanto: «D’accordo siamo un piccolo comune, non contiamo nulla, ma perché una piccola comunità non dovrebbe occuparsi di problemi globali, oltre alle buche o all’illuminazione pubblica? Ci sentiamo cittadini del mondo e anche da un piccolo comune può nascere una rivoluzione».
Ventinove anni, sindaco da quando ne aveva ventitré, famiglia di militanti comunisti e una tessera del Pd in tasca, Fioriè alla guida della prima amministrazione in provincia di Rieti che ha riconosciuto, già in aprile, lo Stato di Palestina. Una delle decine in tutta Italia che si sono mosse sulla stessa strada, esasperate da ciò che accade a Gaza e dall’inazione del governo. La Rete delle comunità solidali conta sommariamente un centinaio di comuni, ma sono molti di più e i numeri sono in crescita: Firenze, Genova, Bari, Trani, Cosenza, Sassuolo, Napoli, regioni come la Puglia, e moltissimi piccoli centri i cui nomi forse non dicono molto alla maggioranza delle persone, ma che rappresentano l’anima discreta e imprescindibile del Paese. «Se lo facciamo noi – continua Fiori – e poi a macchia di leopardo lo fanno tanti altri, a quel punto il governo non potrà non tenerne conto».
In poche settimane, l’esempio di Montopoli è stato seguito da altre amministrazioni dell’Area: Magliano, Greccio, Poggio Moiano, Filacciano, Castel Sant’Angelo, Casperia. A Poggio Mirteto, tre chilometri a nord di Montopoli, una mozione per il riconoscimento della Palestina è passata con i due voti favorevoli dell’opposizione e l’astensione della maggioranza. A Fara Sabina – maggioranza di centrodestra, sindaco della Lega – l’ordine del giorno mediato tra maggioranza e opposizione, tra gli impegni chiede «di riconoscere a tutti gli effetti lo Stato di Palestina come entità sovrana, nei confini precedenti all’occupazione del 1967 e con Gerusalemme Est capitale, al pari dello Stato di Israele». Un voto – si schermisce la sindaca Roberta Cuneo – «perfettamente in linea con la politica di ricerca della pace della Lega nazionale». Cuneo è anche presidente della provincia di Rieti, dove è passata una mozione simile.
Nei piccoli centri, spesso gli ordini del giorno sulla Palestina sono votati all’unanimità. «Forse perché c’è un maggiore senso di comunità e le liste civiche permettono di non rimanere incasellati in appartenenze partitiche», ragiona Emiliano Fabi, il sindaco di Greccio, cittadina gemellata con Betlemme e nota perché qui San Francesco fece per la prima volta il presepe.
Sono soprattutto i giovani amministratori a trainare questo “movimento” dal basso. Hanno in media trent’anni i sindaci della zona giunti in delegazione a Montopoli assieme a quello della toscana Vicchio, per il conferimento della cittadinanza onoraria a Öcalan e per un progetto di cooperazione con la Cisgiordania. Ne ha trentatré il segretario del Pd, Alessandro Spaziani, promotore dell’ordine del giorno che ha messo insieme destra e sinistra a Fara Sabina. Ne ha trentanove il sindaco di Sesto Fiorentino, Lorenzo Falchi (Avs) che si è spinto oltre il riconoscimento della Palestina, arrivando a boicottare i prodotti israeliani nelle partecipate del comune e per questo crocifisso dalla stampa di destra. La risposta dei cittadini sembra dare ragione al sindaco: nel mese di luglio il fatturato delle otto farmacie municipali è cresciuto, mentre le vendite dei farmaci e dei prodotti delle aziende israeliane sono colate a picco di oltre il 17 per cento, con punte del 27 per alcuni marchi. «È la conferma dell’utilità di questo strumento di pressione contro il genocidio – osserva Falchi – Una goccia a cui stanno seguendo, una dopo l’altra, tante altre gocce: Pesaro, Poggibonsi, Calenzano, Campi Bisenzio, Rosignano hanno avviato o stanno per avviare analoghe campagne». Sesto è nel coordinamento composto da una trentina di amministrazioni della provincia di Firenze che hanno riconosciuto lo Stato di Palestina. Hanno approvato mozioni e ordini del giorno anche Avigliana in Piemonte, Cavriago in Emilia Romagna, Spoleto in Umbria, Pescasseroli in Abruzzo, Polistena in Calabria seguiti da altri. Molti comuni chiedono la fine della collaborazione militare con Israele e l'imposizione di sanzioni allo Stato israeliano. A Borgo Valbelluna, 13.500 abitanti nel Bellunese, la spinta è arrivata dall’indignazione della gente comune e dall’attivismo delle diocesi. «Non possiamo accettare – spiega il sindaco di Valbelluna, Stefano Cesa – questa assurda crudeltà nei confronti dei bambini, delle donne, dei civili inermi. Cerchiamo di fare la nostra parte perché chi può veramente decidere si faccia sentire e non solo a parole».
In Campania, l’ente parco del Partenio, guidata da Francesco Iovino, di cui fanno parte ventidue comuni, ha scelto di deliberare la richiesta di riconoscimento dello Stato di Palestina. Per il costituzionalista Michele Carducci, uno dei giuristi che hanno fatto ricorso contro il rinnovo del memorandum militare Italia-Israele, «il riconoscimento da parte dei comuni non ha un valore giuridico in sé, ma è comunque un atto politico di valore costituzionale perché richiama l’articolo 118 della Carta, in cui si parla di sussidiarietà: nel momento in cui le istituzioni nazionali latitano, una mobilitazione dal basso costringe chi sta sopra a prendere una posizione». Mimmo Lucano, sindaco di Riace, ricorda che uno dei momenti più alti della stagione dell’accoglienza fu l’ospitalità che la comunità diede nel 2009 a duecento palestinesi in fuga dall’Iraq. Wim Wenders trasse ispirazione da quel fatto per il suo documentario. Il suo appello agli altri sindaci è semplice: «Alzate la testa, non perdetevi nell’ordinarietà, muovetevi per riconoscere l’umanità e i diritti di un popolo che soffre ingiustamente da decenni».
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