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23 settembre, 2025La donna sarà risarcita con 15mila euro per danni morali e 10mila per le spese processuali. Per la Corte europea, "le autorità hanno mancato al loro obbligo di fornire una risposta proporzionata alla gravità dei fatti denunciati"
La Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha condannato l'Italia per aver violato i diritti di una donna vittima di violenza da parte del suo ex compagno. I tribunali italiani non avrebbero dato seguito alle sue richieste di protezione, assolvendo l'uomo, poiché i suoi comportamenti non erano da interpretarsi come "atti di maltrattamento sistematico ma come manifestazioni di conflitto e risentimento". Dei semplici "dispetti".
Le violazioni constatate dalla Cedu sono quelle del diritto a non essere sottoposti a trattamenti inumani e degradanti e al rispetto della vita privata. Ora i togati di Strasburgo hanno stabilito che l'Italia dovrà risarcire alla donna 15mila euro per danni morali e 10mila per le spese processuali.
La vicenda iniziò nel 2018, quando la donna denunciò i maltrattamenti subiti, anche in presenza del figlio, da parte del suo ex compagno, dal quale si stava separando ma con cui condivideva ancora l'abitazione. In particolare, l'uomo era stato accusato di aver minacciato di rovinarle la vita e di portarle via il figlio, di denigrarla come madre e come donna, di impedirle l'accesso ad alcune parti della casa, di spostare continuamente i suoi effetti personali e di minacciarla di gettare tutte le sue cose, compresi i vestiti, in strada. Inoltre, la donna aveva riportato come fosse costretta a rimanere sveglia la notte, che l'uomo si fosse collegato illegalmente ai suoi account di posta elettronica personali e professionali e che avesse installato telecamere in casa per sorvegliare i suoi movimenti. In seguito, la donna fu vittima di un'aggressione fisica da parte dell'uomo. Al pronto soccorso le diagnosticarono un trauma cervicale e scapolare con inabilità totale al lavoro per cinque giorni, successivamente prorogata di altri sette giorni.
Con la sua sentenza, la Corte ha rimarcato l’inerzia dei tribunali italiani nella gestione del caso, criticando sia l'atteggiamento che la lunghezza dei tempi di intervento dei tribunali civili e penali. La Cedu constata tra l'altro che il tribunale ha ritenuto che i comportamenti dell'ex compagno, sebbene oggettivamente molesti e aggressivi, fossero più l'espressione di un conflitto e di un risentimento che di atti di maltrattamento sistematico. Non sarebbe stata effettuata, quindi, alcuna valutazione approfondita delle accuse di violenza psicologica e fisica.
Il tribunale avrebbe anche messo in dubbio la credibilità della donna senza una motivazione sufficiente, nonostante la presentazione da parte di quest'ultima di un certificato medico redatto immediatamente dopo i fatti denunciati. "Agendo in tal modo, le autorità hanno mancato al loro obbligo di fornire una risposta proporzionata alla gravità dei fatti denunciati. Ne consegue che lo Stato, nella sua risposta alla violenza subita dalla donna, non ha adempiuto in modo sufficiente al suo obbligo procedurale di garantire che le violenze da lei subite fossero trattate in modo adeguato", ha dichiarato la Corte.
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