Attualità
30 settembre, 2025Il segretario di Stato è ormai percepito da molti come una figura sempre più marginale, soprattutto sul fronte internazionale. Il cuore del malumore è Gaza. È in questo clima che si fa sempre più strada una suggestione: nominare l'attuale patriarca di Gerusalemme
«Parolin? Pochi fatti», mormora con sarcasmo un monsignore d’esperienza tra i corridoi del Palazzo Apostolico. Una battuta che rimbalza da giorni tra gli ambienti curiali e che dice molto più di quanto non voglia sembrare. Il riferimento è al segretario di Stato Pietro Parolin, da oltre un decennio al timone della diplomazia vaticana, ma ormai percepito da molti come una figura sempre più marginale, soprattutto sul fronte internazionale.
Il cuore del malumore è Gaza, dove la guerra infuria e dove, secondo più fonti in Vaticano, le chiese cattoliche e ortodosse sono sempre più nel mirino delle operazioni militari dell’Idf. Nonostante gli appelli alla tregua e le iniziative diplomatiche della Santa Sede, molti all’interno della Curia ritengono che la voce di Parolin sia «debole», quasi assente. Non è solo una questione di linea, però.
C’è anche l’anagrafe. Parolin ha 70 anni, e pur non essendo ancora vicino all’età pensionabile canonica dei 75, diversi osservatori sottolineano che «per lo scenario che si va delineando nel mondo, tra guerre, crisi umanitarie e conflitti religiosi, servono non solo testa e dottrina, ma anche una grande tenuta fisica e diplomatica». Il suo rapporto con Papa Prevost resta saldo, ma non esclusivo. E nella Curia, si sa, i cambiamenti si annunciano con i sussurri prima ancora che con i decreti.
È in questo clima che si fa sempre più strada una suggestione: nominare Segretario di Stato il cardinale Pierbattista Pizzaballa, attuale patriarca latino di Gerusalemme. Un’ipotesi che alcuni considerano audace, altri inevitabile. Pizzaballa – francescano, 59 anni, profonda conoscenza dell’ebraismo e dell’islam, figura ascoltata anche fuori dal perimetro ecclesiale – rappresenterebbe un segnale fortissimo in direzione della pace in Medio Oriente. «Con lui al timone della diplomazia vaticana, il messaggio sarebbe chiaro: la Chiesa mette la questione israelo-palestinese al centro dell’agenda globale», spiega una fonte diplomatica che lavora tra Roma e Tel Aviv.
A pesare sulla valutazione non c’è solo Gaza, ma anche la crescente percezione che la Santa Sede abbia perso parte della sua storica centralità nei dossier internazionali. «Se davvero verrà scelto Pizzaballa – sussurra un cardinale romano – allora sarà un nuovo capitolo per la diplomazia della Santa Sede. E forse, anche un cambio di paradigma».
LEGGI ANCHE
L'E COMMUNITY
Entra nella nostra community Whatsapp
L'edicola
Governati dall'Ia - Cosa c'è nel nuovo numero de L'Espresso
Il settimanale, da venerdì 26 settembre, è disponibile in edicola e in app