Quattro anni, un seguito e quasi 2 miliardi di dollari dopo (senza contare le entrate dei Dvd) 'Pirati' è diventato uno dei più grandi successi cinematografici degli ultimi tempi, un livello di popolarità e dei numeri che quando il 23 maggio uscirà in Italia il numero tre della serie, 'Pirati dei Caraibi: Alla fine del mondo', rischia di superare negli incassi la saga de 'Il signore degli anelli'. Un vero fenomeno, ma perché? Come si spiega che in America come in Italia piuttosto che in Corea o in Argentina milioni di persone attendono ansiosamente il ritorno sugli schermi di Depp-Sparrow, di Orlando Bloom nella parte di Will, di Keira Knightley come Elisabeth, di Geoffrey Rush, di Bill Nighy e del resto di questa singolare combriccola dei mari? "Le buone idee con una buona sceneggiatura e un buon regista andranno sempre bene, che si tratti di film grandi o piccoli", sostiene Bruckheimer. La storia del cinema è in realtà piena di esempi che contraddicono il mega-produttore, ma è certo che i suoi 'Pirati' hanno originalità e freschezza, che sono una voce nuova. Non sono i pirati né di Salgari né di Erroll Flynn, non ci sono né eroismo né pretese, il solo obiettivo è quello di offrire allo spettatore due ore e più di puro e onesto svago, con dentro un qualcosa per ogni membro della famiglia. Per i bambini, c'è un otto volante che non finisce mai. Per le donne, c'è quel tanto che basta di sexy e di romantico. Per gli uomini, ci sono azione ed avventura a volontà. E per tutti c'è un ritmo che si lascia perdonare se qua e là c'è una contraddizione o un personaggio o una situazione che non hanno senso. Cannibali buffoneschi. Un gigantesco e demoniaco polipo. Fantasmi un po' pesci e un po' pirati. Un duello dentro una gigantesca ruota che rotola tra i campi. Keira e la sua mascella che si gonfia. Fughe rocambolesche. E poi c'è lui: Johnny Depp.
In 20 anni di carriera, il suo nome è sempre stato accompagnato ad aggettivi quali ribelle, eccentrico, solitario, indipendente, iconoclasta, ad episodi come la distruzione di un albergo newyorchese e la morte per overdose di River Phoenix nel suo club sul Sunset Boulevard, a donne come Winona Ryder, Kate Moss e Jennifer Gray. Forse non è mai stato il 'bad boy' descritto dalla stampa popolare, ma certo nessuno ha mai lavorato più alacremente di Johnny Depp per non diventare una star, tenendosi lontano da mega-produzioni e sequel, lavorando ripetutamente con Tim Burton e con registi come Terry Gilliam e Jim Garmusch. "Una carriera di fallimenti", diceva spesso con orgoglio riferendosi a 'Edward mani di forbice' piuttosto che a 'Ed Wood' o 'Blow'. Poi sono arrivati Vanessa Paradis, la vita in Provenza, i due figli. Ed è stato proprio per accontentare Lily-Rose e Jack e che ha deciso di fare 'Pirati'. "Ci sono le spade?", chiese alla Disney quando gli proposero la parte del protagonista. "Sì", gli dissero. "Okay, ci sono", fu la sua risposta.
Naturalmente, adesso sono spuntati anche quelli che sostengono che si è venduto, che anche lui ha finito per soccombere alla sirena di Hollywood. "Questo è il mio personaggio cui sono più affezionato, pieno di magia e di sorpresa", è la risposta per i suoi (pochi) critici. Dopo tre film sui 'Pirati', gli ultimi due girati assieme per risparmiare denaro e assicurarsi che i protagonisti non si disperdessero tra altri impegni, Depp non ha esitazione a parlare di tornare a indossare il ridicolo dente d'oro del Capitano Sparrow. "Se decidono di fare 'Pirati 6' o il 7, io li farò", assicura.