Vince in tivù l'estetica di una nuova femmina: quella che finge sottomissione per comunicare in realtà un'ambizione sfrenata e una determinazione militare
Pomeriggio televisivo di grandi tacchi: neri di plastica per Simona Ventura, carta da zucchero con lustrini per Alba Parietti intervistata da Barbara D'Urso (seta fucsia). Non sono donne che hanno vissuto da mantenute.
E perché, allora, esporre questa protesi ambivalente? Il tacco alza e quindi rende più virago. Ma impedisce il movimento e ricorda le pratiche di fasciatura del piede delle ragazze giapponesi, ridotte all'immobilità dall'atrofia del metatarso.
Gli anni Settanta, quelli che hanno insistito sulla ragazza autonoma a ogni costo, furono fatti di tacchi bassi e larghi e poi di zoccoli antisexy. C'erano Mina e Raffaella Carrà che lottavano nel programma Milleluci su chi, tra le due, stava su zeppe più alte, ma la fenomenologia dei loro tacchi era più pudica di quella di oggi: niente punte davanti e niente stiletti: nascosti dai pantaloni a campana, non esibivano tessuti e colori tali da richiamare l'attenzione. Erano trampoli con la sola funzione di allungare due donne in carne.
La nuova femmina ha invece raggiunto risultati precisi tra quelli indicati dal femminismo: non solo si mantiene da sé, ma può permettersi di chiudere l'ex marito (Bettarini) in un box come ornamento alla sua trasmissione, oppure (come la Parietti) può raccontare di essere una mantide o un animale feroce. Ma proprio questa assertività consente e chiede di limitare la propria libertà almeno dal punto di vista visivo.
Il gusto è quello di piegarsi al ruolo di geisha, di persona limitata dalla necessità di piacere, sapendo che in effetti non è credibile. O meglio: anche qualora il sesso (fatto o pensato) sia davvero un modo di far carriera, lo è per donne che lo sanno manipolare a proprio uso.
Questi tacchi, segni che comunicano aggressività e al contempo remissività, sono dimostrazione di disciplina e di ambizione quasi militari, e in questo quadro di un possibile ritorno al ruolo (purchè temporaneo!) di chi è pronto a mutilarsi per sedurre.
* Critica d'arte e docente di Storia dell'arte