Nel numero del 25 marzo 1926 la rivista AIZ, Arbeiter-Illustrierte Zeitung, pubblica un annuncio con il quale chiede ai fotografi amatoriali che vi sono tra i suoi lettori di inviare immagini che ritraggano gli operai e il loro mondo: in fabbrica, ai macchinari, nei cantieri, ma anche nelle case, nelle strade dei loro quartieri, nel tempo libero, con le famiglie. Le immagini dovevano documentare le condizioni di lavoro, lo stato della tecnologia, mostrare il panorama industriale e i movimenti dei lavoratori, "cogliere la bellezza del lavoro ma anche gli orrori della miseria sociale".
La risposta è immediata, i contributi regolari, i fotografi si riuniscono presto in gruppi in tutta la Germania e soltanto qualche mese dopo la chiamata di AIZ nasce una rivista dedicata, Der Arbeiter-Fotograf, e la fotografia operaia diventa una realtà riconosciuta. Il movimento ha uno sviluppo, parallelo e contemporaneo, in Russia, dove fa la sua prima apparizione nell'aprile del 1926 il giornale Sovetskoe foto, fondato e diretto dal giornalista Mikhail Kol'tsov, e dove lo sviluppo della fotografia operaia va di pari passo con quello generale del fotogiornalismo.
Del centro pulsante, tedesco e sovietico, del movimento e della sua successiva espansione in Europa e nell'America del Nord rende conto la mostra allestita dal Museo nazionale d'arte Reina Sofia di Madrid, che ha raccolto più di 1000 opere tra fotografie, riviste, libri e film. Un'antologia storica, ma soprattutto una densa compagine in grado di restituire il senso e l'impatto sociale di un forte lavoro documentario, il suo valore di denuncia e la sua schietta cifra estetica, fieramente contrapposta ai morbidi valori artistici borghesi.
La luce "dura e impietosa", come recita il titolo della mostra, delle foto scattate tra il '26 e il '39, aderisce a una visione tutt'altro che monocorde del quotidiano proletario: l'essenziale non è privo di poesia, anche quando macchinari imponenti occupano la scena, lo spirito rivoluzionario non scade nell'inventario di posture didascaliche, i volti raccontano storie senza pretese, anche quando 23 anni sembrano molti di più. La realtà è così solida e vibrante allo stesso tempo, che l'abilità dello sguardo è tutta nel farsi leggero e modellarla con rispetto.
Le architetture industriali fluide e pesanti, i cortili angusti pieni di bambini, gli interni modesti, le mani sporche di lavoro, le riunioni politiche, le case in mattoni dei minatori gallesi spoglie come un inverno interminabile, i primi piani segnati e le bandiere, i vestiti malconci e i panni al vento non vogliono impietosire ma stabilire un nuovo piano di percezione attraverso l'immagine, creare un nuovo spettatore, consapevole, presente, capace di riconoscere un altro ordine formale, di decrittare un inedito alfabeto estetico. Di trovare bellezza dove era proibito cercarla.
Nel 1931 AIZ pubblica un servizio che non si era mai visto prima nelle pagine di una rivista illustrata, "24 ore nella vita di una famiglia operaia di Mosca". Il reportage fotografico della giornata con i Filippov ha un forte impatto sui fotogiornalisti tedeschi, che ne realizzano presto una versione locale, piuttosto diversa da quella sovietica. Spariscono dalla scena le conquiste del socialismo e non si millantano migliori condizioni di vita per la classe lavoratrice: i deutschen Filippows mostrano senza trucchi la vita miserabile del proletariato sotto il capitalismo e durante la crisi economica dell'epoca di Weimar. "Dobbiamo presentare le cose come sono – disse in quell'occasione Edwin Hoernle, collaboratore fisso della rivista – in una luce dura e impietosa".
Due anni dopo Hitler sale al potere, AIZ chiude le pubblicazioni e il movimento tedesco della fotografia operaia apparentemente si dissolve. C'è chi assicura che sia finito, ma le sue istanze resistono, trovano strade diverse, attecchiscono altrove, anche senza un'organizzazione di riferimento. Sono i principi fondanti del movimento a sopravvivere e diffondersi: da allora l'impegno del fotogiornalismo nelle politiche sociali del proprio tempo non è mai venuto meno.
Una luce dura e impietosa. Il movimento della fotografia operaia 1926-1939
Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia, Madrid, 6 aprile – 22 agosto 2011