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«Ha la meravigliosa forza della celebrità», commenta gaiamente Drew Elliott, capo dell’ufficio creativo di “Paper”, che tutti ora intervistano come se avesse esplorato un continente ignoto, anziché aver messo, come ritualmente accade, una donna nuda in copertina.
[[ge:rep-locali:espresso:285140529]]Ma il punto non è il nudo. È la donna. Kim Kardashian, 34 anni in ottobre, tre mariti (quello in carica è il rapper Kanye West), una figlia di sedici mesi chiamata infelicemente North, ha 25 milioni di followers su Twitter, un milione meno di Oprah Winfrey e cinque milioni più di CNN Breaking News. Si concede su Instagram, dove possiamo seguire la sua vita, le sue vacanze, la sua manicure con altri 14 milioni di persone: basta che respiri. Taglia in due un abito Dior per ricavarne una gonna e un top ed è notizia. Ritorna castana e l’aggiornamento conquista la top ten delle news, tra il maltempo e il conflitto Israele-Palestina. Licenzia il suo agente, assume Ina Treciokas, che ha curato l’immagine di Sarah Jessica Parker, e tutti ne parlano. Rivela in un’intervista a Ellen de Generes che il parto è stato un’esperienza durissima (“Chi dice che è facile, mente”) e mezzo mondo commenta. Anche la cover nuda, ovviamente. Il marito l’ha postata con orgoglio su Twitter. C’è chi le ha detto “brava” e chi “vergognati “ (l’attrice Naya Rivera). Ma non importa.
La vita di KK è denaro contante, ogni battito di ciglia è uno scontrino fiscale. Il filmino porno del 2007 in cui mastica gomma mentre fa le cose che si fanno di solito in un filmino porno, con l’allora fidanzato Ray J., è finito nelle mani della Vivid Enterteiment per mezzo milione di dollari. Ha fatto causa: poteva chiedere la rimozione del video, invece si è accordata per un risarcimento di cinque milioni e una percentuale sugli incassi. Si giustifica: «Avevo 22 anni e non pensavo che fare un sex tape fosse così scandaloso. Era il mio ragazzo! Conosco un sacco di persone che l’hanno fatto e che continuano a farlo». Fine della storia.
Tra i suoi finanziatori abituali c’è il settimanale “People”, che ha sborsato 300mila dollari per le foto esclusive del fidanzamento con il giocatore di pallacanestro Kris Humphries (maggio 2011) e un milione per quella del matrimonio (20 agosto 2011), durato appena 72 giorni. Il tempo di pubblicarle, ed era già divorzio. Ma il colpaccio è stato il reality “Al passo con i Kardashian”, lanciato nel 2007, durato nove stagioni, che ha permesso alla variegata famiglia (le sorelle Kourtney e Khloe, il fratello Robert, l’avida mammina Kris, con le altre due figlie avute dal campione olimpionico Bruce Jenner) di dividersi 65 milioni di dollari. È iL KKKlan: gli amori, le liti, le diete, tutto è business.
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Si fa presto a dire che siamo di fronte a un’eroina trash, una creatura dei social media. KK è un corpo assurdo consacrato dal desiderio collettivo: immensi occhi da Bambi, labbra gonfie, un metro di fianchi che sbilancerebbero chiunque, il famoso lato B assicurato per 15 milioni di dollari (l’ha scritto su Instagram). Con le calze e il velo da sposa come unico abbigliamento augura buon compleanno a Riccardo Tisci, direttore creativo di Givenchy. In chiesa con la sorella Kourtney, a New York, commenta: «Una messa fantastica, stasera!». In jeans esplosivi, ammette di adorare il cibo-spazzatura. Esibisce felicità: «Ogni volta che apro gli occhi, mi ripeto: “ho una vita meravigliosa”». E mangia, prega, ama. Anche a nostre spese.