Cultura
26 settembre, 2014

Anime nere, la deriva criminale tra Milano e la Calabria

Arriva in sala l'incisivo film di Francesco Munzi, ispirato al libro di Gioacchino Criaco. Uno sguardo profondo in un mondo buio e arcaico. Ma senza la presunzione di voler giudicare

Noi non siamo come voi!», urla Valeria (Barbora Bobulova) al marito Rocco (Peppino Mazzotta). I due son scesi dal Nord fino in Aspromonte, dove lui è nato e cresciuto. Luigi, fratello di Rocco, è stato ucciso con un colpo di pistola in fronte per ordine di un capo della ’ndrangheta. Si è trattato dell’ultimo atto di una faida che dura da trent’anni, alla quale è rimasto estraneo solo Luciano (Fabrizio Ferracane), il terzo fratello, l’unico che ancora abiti in paese. In passato, Valeria non ha avuto difficoltà ad accettare che Rocco e Luigi trafficassero cocaina, comprandola in America e distribuendola da Milano in Calabria. Ma ora non vuole confondersi con le altre donne della famiglia, con il loro lutto e i loro riti cupi. Settentrionale e borghese, quel mondo le appare arcaico, buio.

Buio e arcaico è certo il mondo di “Anime nere” (Italia e Francia, 2014, 103’). Ma Francesco Munzi, che si è ispirato al libro di Gioacchino Criaco, lo osserva senza le paure di Valeria. Il suo cinema non ha presunzione giudicante. Questo non significa che al racconto manchi un punto di vista. Significa che la sua prospettiva non si sovrappone alla prospettiva dei personaggi. Al contrario, è tanto interna alla vicenda da identificarsi quasi con quella di Luciano, che dei fratelli condivide il radicamento in una cultura antica, ma non la sua deriva criminale.
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Come un eroe tragico, Luciano soffre il peso di una colpa che precede ed eccede la sua responsabilità individuale, e che grava su di lui con il peso di una hýbris familiare, di una rottura dell’ordine morale che risale all’uccisione del padre pastore da parte di un altro pastore. A quella colpa, e alle sue conseguenze, vorrebbe sottrarsi. Soprattutto, vorrebbe che le si sottraesse il figlio Leo (Giuseppe Fumo), tanto giovane quanto irruento e cieco. Ma, ancora come un eroe tragico, lo attende uno strazio che sembra avere la necessità insuperabile del fato.

Girato ad Africo, nel cuore dell’Aspromonte, Anime nere non è - e immaginiamo non voglia essere - un saggio antropologico né sociologico sulla ’ndrangheta. Piuttosto, è un viaggio coraggioso e addolorato attraverso un mondo chiuso, lontano, alla ricerca dei suoi mali, ma anche della sua umanità. Munzi osserva quello e queste, i mali e l’umanità, senza pretendere di esaurirne la tragedia. E mai il suo sguardo si confonde con quello di Valeria. Mai ci induce all’ipocrisia del «noi non siamo come voi».

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