Cultura
febbraio, 2016

Onde gravitazionali, aveva ragione Einstein

Einstein aveva ragione sulla loro esistenza, la tessera mancante nel puzzle della relatività generale. Ora la scienza ha una nuova tecnologia per studiare i restanti misteri dell'universo

Dopo aver osservato col suo primordiale telescopio solo quattro delle molte lune di Giove, Galileo ha capito che la Terra non è al centro di tutto. Dopo aver scoperto le galassie, e perdipiù che si allontanano da noi a enormi velocità, Edwin Hubble ha spalancato gli occhi umani sulle enormi, reali dimensioni dell’universo. Dopo che Karl Jansky aveva inaugurato la radioastronomia, Arno Penzias e Robert Wilson hanno misurato la radiazione cosmica di fondo, la riprova del Big Bang.

Ogni volta che la scienza è progredita nell’osservazione dell’universo, ha scoperto cose inaspettate. Oggi che è nata una nuova astronomia, avremo l’occasione di stupirci ancora? Il Ligo (progetto congiunto fra il Caltech di Pasadena e l’Mit di Boston) col quale ha collaborato l’analogo interferometro Virgo, dislocato a Cascina in provincia di Pisa (gestito dall’Istituto Nazionale di fisica nucleare e dal Cnrs francese), ha finalmente verificato l’esistenza delle onde gravitazionali predette nel 1915 da Albert Einstein, nella sua Relatività generale. Quanto basta a far nascere un nuovo tipo di osservazione astronomica.
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In parole povere, le onde gravitazionali sono variazioni nel cosiddetto tessuto spaziotemporale dell’universo, generate da masse gravitazionali enormi, visto che la gravità è la forza più debole presente in natura. Una facile similitudine è quella con un sasso lanciato nello stagno che, sulla superficie dell’acqua, produce le tipiche onde circolari. Insomma, l’idea è che un evento gravitazionale di enormi dimensioni possa addirittura allargare o restringere lo spazio, oltre che il tempo.

Il Ligo (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory) è composto da due osservatori, uno in Louisiana e uno nello stato di Washington, entrambi fatti da due tunnel di quattro chilometri, perpendicolari l’uno all’altro. Un sistema di laser e di specchi, arrivato solo da pochi mesi a un grado di precisione un tempo impensabile, è in grado di registrare variazioni impercettibili dello spazio prodotte dalle onde gravitazionali che arrivano dal cosmo: lo spazio può letteralmente espandersi o restringersi. 
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Il 14 settembre scorso, alle 11:51 ora italiana, i due esperimenti Ligo hanno registrato gli effetti della collisione fra due buchi neri (un’altra “prima” mondiale) a 1,3 miliardi di anni luce di distanza, ovvero avvenuta 1,3 miliardi di anni fa. Il Ligo vicino a New Orleans e quello vicino a Seattle, a 3mila chilometri di distanza l’uno dall’altro (ovvero tre millisecondi, se si procede alla velocità della luce come le onde gravitazionali) hanno misurato questa infinitesimale variazione spaziotemporale. Poi l’esperimento è stato ulteriormente confermato con una triangolazione fra i due siti americani e quello in Toscana.

Per dare un’idea di quanto sia impercettibile il segnale registrato dall’esperimento, «la variazione spaziotemporale – ha detto il coordinatore di Virgo, Fulvio Ricci, durante la conferenza stampa a Cascina in contemporanea con Washington – è stata di mille volte più piccola del nucleo di un atomo». E questo, a fronte di un fenomeno galattico di proporzioni spaventose. I due buchi neri avevano «una massa corrispondente a 65 stelle delle dimensioni del nostro Sole – ha spiegato Albert Lazzarini, uno scienziato di Ligo, anche lui presente alla conferenza stampa italiana – ma che, durante la collisione, ha irradiato un’energia  corrispondente a 100mila miliardi di miliardi di soli: non sotto forma di onde elettromagnetiche (che includono la luce visibile), ma sotto forma di onde gravitazionali». Di conseguenza invisibile all’occhio umano.
E qui sta il punto. Oggi nasce una nuova tecnica astronomica, capace di leggere e misurare eventi che né un telescopio, né un’antenna radio avrebbero mai potuto rilevare. 

Per secoli, gli scienziati hanno studiato il cosmo usando la luce visibile. Solo nell’ultimo secolo, abbiamo imparato a usare l’infrarosso, l’ultravioletto, i segnali radio, i raggi-X e i raggi gamma. Oggetti invisibili alla nostra vista, possono rivelarsi visibilissimi alle onde radio, e la luce infrarossa può vedere attraverso nuvole di materia che non fanno passare la luce visibile. Gli esperimenti di Ligo e di Virgo sono solo l’inizio di un nuovo modo di guardare all’immensità dello spazio e, soprattutto, di studiare gli eventi più maestosi e remoti della sua storia.

Si può dire che, a cento anni dal suo annus mirabilis, le geniali profezie matematiche di Einstein sono confermate. Si può prevedere che, presto o tardi, qualcuno andrà a Oslo a ritirare il Premio Nobel per questa scoperta. Ma non si può ancora immaginare quale altro mistero verrà svelato, già nei prossimi anni, da questo nuovo modo di guardare all’universo: per esempio scoprire cos’è successo in quelle centinaia di milioni di anni, quando l’universo era ancora in fasce ed era così denso che la luce non riusciva a uscirne fuori. Avremo modo di stupirci ancora.

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