Con la scena del rapimento del piccolo Di Matteo la serie “Il cacciatore” diretta con maestria da Stefano Lodovichi e Davide Marengo, accende una scintilla del tutto inedita: quella del sospetto, che realmente si possa fare un prodotto diverso e trasmetterlo in chiaro su un canale generalista. Ed è una sensazione bellissima.
Telecamere che non indugiano senza un motivo, una fotografia elegante e soprattutto una sceneggiatura che inventa soltanto quando serve, perché la fedeltà non sempre è un valore se centra l’obbiettivo. Un po’ Le Iene, con quell’utilizzo della violenza talmente paradossale che perde di senso e diventa un aspetto della povertà umana; un po’ Breaking Bad, con corpi sciolti goffamente nell’acido, il grande male che si offre di analizzare i singoli protagonisti, un lungomare pieno di luce sconfinato, un campo di grano che sembra un deserto. E molto, moltissimo il Cacciatore, una produzione originalissima che ha dato una sterzata profonda al prodotto seriale a cui ci siamo colpevolmente abituati credendo che la strada in salita fosse troppo faticosa.
Dodici puntate costellate dai bambini. Che devono nascere, quello del pm Saverio Barone, che non arrivano, quello del boss Bagarella, che ritornano, negli sprazzi di memoria che costellano la narrazione, e quelli che devono scomparire perché il quadro si compia. La mafia li uccide quei bambini, anche se è vestita da bravo marito fedele. Che mentre compra le rose si pulisce le mani dal sangue. E vederlo in prima serata raccontato in quel modo fa talmente male che riesce a fare bene.
Una colonna sonora spiazzante, un ritmo serrato, adrenalina e dolore, un montaggio veloce e la totale assenza di luoghi comuni rinfrancano gli occhi e le coscienze, di chi, guardando, si sente di fare la cosa giusta. E il sapore della caccia, per una volta, non fa tifare per la bestia
HO VISTO COSE BELLE
Nicky e Gus tornano ad amarsi per la terza stagione (“Love”, Netflix). La coppia strampalata regala un quotidiano di distanze continue, lei in una coraggiosa risalita, lui in un’impacciata discesa, entrambi comodi un disagio contagioso. Ma alla fine si sorridono sempre. Dimostrando, per la gioia di tutti, che l’amore vince sempre sull’odio.

HO VISTO COSE BRUTTE
Baruffe chiozzotte in quel di Ballando con le stelle. Per far parlare di sé il programma punta sulla “straordinaria” presenza di due uomini come coppia danzante e li espone come fenomeno da baraccone certo del minuscolo pulviscolo che verrà alzato. Poi alza la posta mettendo in dubbio il suo canone estetico. Intanto mentre noi si scherza il pregiudizio avanza che è una bellezza.
