L'antefatto, o meglio sarebbe dire l'epilogo, è noto. Nel 2007 l'International Center of Photography (Icp) di New York annuncia la scoperta di tre scatole, piuttosto malridotte, in arrivo da Città del Messico, dove erano conservate a casa di un regista di documentari cinquantenne, Benjamin Tarver, dopo un lungo viaggio avvolto nel mistero. All'interno un autentico tesoro: 4.500 negativi, 126 rullini fotografici di Robert Capa, Chim (David Seymour), che in seguito avrebbero fondato la leggendaria agenzia fotografica Magnum, e Gerda Taro.
Testimonianze preziose della Guerra civile spagnola (1936-1939), di cui si erano perse le tracce nel 1939, avvistate l'ultima volta nello studio parigino di Capa. Come tanti giovani scrittori – George Orwell, André Malraux, Ernest Hemingway – anche i tre grandi fotoreporter, tutti e tre ebrei originari dell'Europa centrale, avevano deciso insieme, a Parigi, di avventurarsi tra le montagne per testimoniare la lotta dei repubblicani contro i franchisti.
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Per il mondo della fotografia, e non solo, la notizia del ritrovamento della valigia, che in realtà sono tre scatole, è una bomba. Malgrado le estenuanti ricerche del fratello di Robert, Cornell Capa (scomparso nel 2008), grande fotografo e fondatore dell'Icp, per quasi settant'anni quelle immagini in bianco e nero erano rimaste seppellite chissà dove, finché qualcuno le ha riportate alla luce. Foto di guerra, di soldati feriti, volti segnati dalla sofferenza, l'epopea dei protagonisti inconsapevoli della tragedia, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale e della Shoah. Qualche mese dopo il ritrovamento, una grande mostra all'Icp di New York celebra i tre grandi fotografi e la misteriosa valigia che valigia non è.
Si è appassionata alla vicenda Isabelle Mayault, 34 anni, reporter e scrittrice giramondo, a partire dall'articolo letto nel settimanale americano The Nation una decina di anni fa. Per ripercorrere le vicende dei 4.500 negativi perduti, ha scelto di colmare il vuoto delle informazioni mancanti («gli angoli morti», come li ha definiti in una intervista) con la fantasia. Inventando personaggi «che mi sono apparsi nel lasso di tempo che mi ci è voluto per leggere l'intero articolo». Perché, come dimostrano a volte i romanzi, la finzione può essere più veritiera della realtà, o comunque più plausibile e accattivante se insieme ai documenti si scandagliano le emozioni.
Nasce così il primo romanzo di Mayault, uscito in Francia per Gallimard e ora tradotto in italiano da Camilla Diez. Protagonista di “Una lunga notte messicana” (Rizzoli) è Jamón, che si ritrova a Città del Messico davanti quelle scatole con i negativi dopo la morte in un incidente d'auto della cugina Greta, attrice piena di vita con i suoi occhi nerissimi e le labbra rosse come il fuoco, la quale gli aveva raccontato solo qualche anno prima come la valigia messicana fosse stata trafugata dall'Europa e portata in Messico durante la Seconda guerra mondiale. Jamón si trova davanti a un bivio: condividere con il mondo questi preziosi reperti o continuare a proteggerne il segreto?
Per prendere la decisione, che non sveleremo per non spoilerare il finale, l'uomo riavvolge il nastro della vita delle donne che custodirono i negativi prima di lui. La madre di Greta, Maria, che aveva trasportato nel 1942 la valigia dall'Europa su richiesta dell'amica Olivia e all'insaputa di suo marito, il generale Ortega, ambasciatore messicano in Francia durante il regime di Vichy. Olivia, giovane messicana impegnata come medico sul fronte della guerra civile spagnola, protagonista di una storia d'amore con il fotografo Chim. E poi altre donne, fondamentali per la trasmissione dei negativi fino all'esito finale.
Un intrigo internazionale raccontato dalla scrittrice francese con la forza dei sentimenti e della passione, attraverso un dilemma morale a lungo irrisolto.
Un omaggio ai tre grandi fotoreporter e al Messico, che a differenza della Francia e di altri Paesi accolse i repubblicani spagnoli sconfitti dalla dittatura franchista, circa 20mila rifugiati in buona parte intellettuali, scienziati e artisti.