Una donna autoironica e intelligente meriterebbe qualcosa di più degli inutili reality in cui viene confinata

Quando nel 1950 Judy Holliday incontrò sulla sua strada di provincia George Cukor probabilmente non era consapevole che da lì a poco avrebbe vinto un Oscar per “Nata ieri” sfilandolo dalle mani altrettanto curate di Bette Davis e Gloria Swanson. Eppure l’Academy premiò proprio lei, per quella irresistibile parte di svampita geniale dotata di intelletto, ben nascosto dietro la voce stridula doppiata da Rina Morelli. E viene difficile credere che quella fanciulla sgraziata dall’umorismo irresistibile non avesse studiato a tavolino il suo sembrare buttata nel mondo per caso. La ragazza tipo dell’America ferma alla superficie che nascondeva molti più neuroni dei tanti William Holden nei paraggi, apriva l’autostrada dell’autoironia alle donne relegate nell’angolo dei decenni a seguire. Ora, e che Dio perdoni l’azzardo, questo ruolo in uno schermo più piccolo venne preso nei lontani anni ’90 da Antonella Elia. Che lo adattò al suo caschetto platino per trascinarlo sino ai giorni nostri.

Educata all’arte della diretta dai più grandi della tv nostrana, si è fatta le ossa sulle battute al vetriolo di Raimondo Vianello, la risata grassa di Corrado, le intemperanze di Mike. E con una palestra di tal fatta sembrava pronta a uno studio che le rendesse giustizia. Invece dopo un lavoro certosino dietro le quinte di se stessa, Antonella col suo rossetto rubino ha continuato a distribuire scintille dal ruolo di valletta parlante.
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Pierluigi Diaco e la tv ai confini della realtà
15/6/2020

«A Pressing mi vietavano di imparare qualcosa di calcio altrimenti temevano per le mancate gag». Per dire cosa significhi coltivare la parte dell’oca giuliva. Al punto che l’Europeo le dedicò una copertina discinta per lanciare, con Valeria Marini, uno speciale gioco del bianco pennuto. Battutista votata all’inciampo e con propensione alla gaffe, la Elia resta al massimo un numero due. Nonostante lo studio, nonostante il teatro. Nonostante spesso si trovi a dover esprimere opinioni per conduttori di gran lunga meno dotati di lei. Si comprende così il motivo per cui una protagonista nata trovi nella tristezza endemica del reality una valvola di sfogo brutale. Stella dell’Isola dei famosi prima, di Pechino Express poi, fino a lockdown ante litteram del Grande Fratello la Elia e i suoi «No Vabbè» lasciano un segno a ogni passaggio.

E ora il trionfo dell’inutile formato programma altrimenti detto Temptation Island. Costretta in un deprimente gioco delle parti, circondata da “trogloditi” (cit) dai malleoli in bella vista, la Elia continua imperterrita a incantare travestendosi da svampita ricca di sentimenti.

È uno sporco lavoro mascherare l’intelligenza. Ma qualcuno deve pur farlo. E se è una donna, tanto meglio.

 

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