Ci sono piccole verità dure da ammettere. Una di queste è che sì, c’è un inetto in ognuno di noi, incapace di uscire da quel fastidioso groviglio che compone il disordinato gomitolo vitale. Uno Zeno Cosini in cui è difficile non riconoscersi, ieri, l’altro ieri e questa mattina. Che fatica come una falena a uscire dal buio, per scrollarsi di dosso quel cappottino di disagio alla ricerca di una parvenza di serenità. E che vive e ricorda, per provare a crescere, unire i puntini in quell’assenza, trovare una strada se non giusta quantomeno accettabile. Insomma, strappare lungo i bordi.
Ora, con le debite proporzioni, la visione dei meravigliosi disegnetti animati di Zerocalcare e della sua serie per Netflix diventa una sorta di aggiornamento di sistema della “Coscienza di Zeno”. Sei episodi in cui si replica, in una sola visione, quel freno dato dall’angoscia, così ben descritta dal protagonista che vive nella costante preoccupazione della ricerca di un lavoro, di una strada giusta, di un passo mancante nelle relazioni amicali, sentimentali, umane, quell’ossessione paralizzante dell’impressione sbagliata, dei fili arrotolati nell’angolo che prendono il sopravvento sul divano di casa e nel cervello, quell’ostinata ricerca di una via di fuga del pensiero che non lascia spazio all’abbandono. E che sostituisce la sofferenza con la rimozione, l’aiuto emotivo con quello pratico, la comprensione di sé e di chi ci circonda con l’involuzione del vittimismo piagnone.
Così Zero come Zeno saltella tra i ricordi, dal G8 alle canne, dall’inconsapevolezza alle certezze mancate, in un continuo rimando di aneddoti personalissimi in cui ritrovarsi è facile come andare a prendere un gelato. In questo scioglimento continuo tra la vita che andrebbe vissuta e la sconfitta che ti segue come un’ombra, l’approdo finale è lo sguardo dall’altra parte di sé, perché come diceva qualcuno, c’è tutto un mondo intorno nel quale nuotiamo vicini come pesci.
Ridere, piangere, lasciarsi prendere a sberle, superare l’inadeguatezza, riconoscersi continuamente a prescindere dall’età e dall’appartenenza dialettale è la cifra di “Strappare lungo i bordi”, che ti accoglie in un imbarazzante sentire, comune come un graffito su un muro. Zerocalcare buca la quarta parete, si disegna le sopracciglia e guarda in camera per parlare con te e con il suo ingombrante armadillo, che si presta a sedersi accanto a tutti, noi inetti senza tempo.
(Piccola nota a margine: quando si tratta di un prodotto da vedere sarebbe bello farlo vedere ai più, magari su un canale generalista. Ma come direbbe Zerocalcare, succederà più tardi: col coso).