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Cultura
maggio, 2021

Alla Buchmesse di Abu Dhabi fa notizia chi non ci va

Sette giorni di fiera, 800 espositori, e i due premi letterari più importanti del settore. Ma della manifestazione si parla solo perché Habermas ha rifiutato un ricco premio del controverso emirato. Dalla newsletter de L’Espresso sulla galassia della cultura araba

Strano il destino di un evento culturale che fa notizia non per gli ospiti che ci andranno, ma per chi non ci sarà: dell'imminente Fiera internazionale del libro di Abu Dhabi i media europei si sono accorti solo quando Jürgen Habermas ha annunciato di aver deciso di rifiutare il ricco premio Sheikh Zaied. 

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A convincere il filosofo tedesco a rinunciare all'omaggio – e ai 225mila euro che esso comporta – è stata un'inchiesta dello Spiegel sulle continue violazioni dei diritti umani denunciate negli Emirati arabi. Dopo le notizie di carcere e torture per dissidenti colpevoli di parole invise al regime, l'ultima è l'accusa per lo sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum, l'emiro di Dubai, di tenere segregata la figlia Latifa, troppo indipendente per i suoi gusti.

 

 

E così, mentre il programma sul sito della Fiera che aprirà il 23 maggio prossimo (e durerà fino al 29) continua a essere generico, con pochi ospiti confermati e nessun nome di grido (Bettany Hughes, Mitch Albom, Paul Maar, and Levison Wood, oltre allo chef Gennaro Contaldo, italiano trapiantato a Londra, maestro di Jamie Oliver). L'unica certezza è questa: Habermas non ci sarà, né in presenza (cosa che del resto avrebbe probabilmente richiesto al filosofo 91enne settimane di quarantena in arrivo negli Emirati e al ritorno) né da remoto.

 

 

Il gran rifiuto di Habermas non ha però messo in crisi la collaborazione della fiera araba con la Buchmesse di Francoforte e in generale con la Germania, che sarà ospite d'onore l'anno prossimo. L'unico ospite famoso nel mondo dell'editoria la cui presenza è confermata finora è Juergen Boos, il direttore della kermesse tedesca, che è partner dell'organizzazione emiratina. Altro nome certo, quello della presidente dell'Associazione internazionale degli editori, ma lei gioca in casa: la Sheikha Bodour Al Qasimi, fondatrice delle edizioni Kalimat, è figlia dell'emiro di Sharja, considerato il più colto dei sette emirati.

 

Quella di Abu Dhabi è la prima fiera editoriale che apre al pubblico dallo scoppio della pandemia, ma tutti gli eventi saranno anche in streaming e quindi visibili in tutto il mondo. Gli organizzatori prevedono 800 stand di case editrici di tutto il mondo. Tra gli appuntamenti in arrivo, la proclamazione dei vincitori dei due premi più importanti per i romanzi scritti in arabo. 

 

L'International Prize for Arabic Fiction si è guadagnato negli anni la definizione di “Booker Prize arabo” per la capacità di segnalare romanzi che hanno poi successo anche in Occidente: tra gli ultimi vincitori, “Frankenstein a Baghdad” di Ahmad Saadawi, molto amato nel mondo anglofono, mentre tra i semifinalisti di quest'anno era entrato il ritorno alla narrativa in arabo di Amara Lakhous, autore in italiano di una fortunata trilogia sull'Italia multietnica iniziata con “Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio”.

 

 

L'altro premio, dedicato al defunto Sheikh Zaied, prevede nove categorie, ognuna ricca di 250mila euro. Tra i finalisti, un romanzo di Iman Mersal, “Sulle tracce di Enayat al-Zayyat” che sarebbe bello leggere in italiano. La scrittrice egiziana ricostruisce unendo docufiction e giallo la storia della connazionale al Zayyat, che si uccise nel 1963. Il suo unico romanzo, “Amore e silenzio”, fu pubblicato quattro anni dopo la sua morte. Che fu provocata dalle persecuzioni, sottili o evidenti, del potere contro i suoi scritti.

 

 

Perché questo è uno dei paradossi della Fiera di Abu Dhabi come di tante iniziative organizzate e soprattutto finanziate da governi arabi più che controversi. È anche grazie a questi canali che il mondo può conoscere voci dissidenti, che i media occidentali altrimenti ignorerebbero del tutto. 

 

Sicuramente sarà possibile ricavare qualcosa di buono anche dall'Expo di Dubai, in programma a partire dal primo ottobre prossimo, che si terrà in un sito a metà strada tra le capitali dei due Emirati. È già al suo posto nel padiglione italiano la copia del David di Michelangelo stampata in 3d e rimontata sul posto. Se non altro è nuda come l'originale, senza scafandri di legno, mutandoni dipinti o foglie di fico che un governo italiano di qualche anno fa avrebbe imposto per non offendere la suscettibilità islamica.

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