Quelli nelle fotografie non sono “sosia” di Vasco. Sarebbe riduttivo per loro essere definiti tali e soprattutto non si può imitare l’inimitabile. Pure per loro il Blasco (o il Kom, di nomi ne ha tanti, come ogni leggenda) è uno solo e anche se si acconciano imitandolo ne hanno riverenza, lo fanno con cura per somigliargli ed ereditarne i superpoteri, per vivere anche loro “una vita come quelle dei film”. Sarebbe più indicato chiamarli impersonator o i Vaschi.
Alcuni fanno qualche comparsata in feste e eventi per farsi foto con gli invitati, altri invece hanno una tribute band e si esibiscono in locali sparsi in provincia tutto l’anno. Parlano come lui, fanno le stesse pause, si muovono nel suo solco. Ma non scimmiottano, sono anzi tutti evangelizzatori del verbo di un poeta timido e montanaro, resistito a tutto: alle critiche, agli eccessi, agli amori impossibili, alla depressione, alle critiche. Il Vasco dei primi anni ’80 e ’90 era visto come un personaggio diseducativo e scandaloso, molto diversamente da oggi.

Aveva la stampa contro, l’opinione pubblica pure ma ha avuto una parabola di riscatto unica. Per questo i suoi imitatori scelgono di diventare Vasco. Anzi “un” Vasco, un apostolo. Perché cercano lo stesso riscatto in un mondo di soldatini e inquadrati. Quella di Vasco è solo un’armatura allegorica che necessitano di indossare per andare nel mondo. Sono protetti dal Santo, su cui tutti hanno un aneddoto, o di cui conservano una reliquia. Una foto ricordo abbracciati assieme, il racconto di una serata in piscina con lui, una donna in comune (che però ha amato più loro). Cose così. Alcuni non somigliano nemmeno a Vasco.
Sono proprio il contrario del sosia ma una volta che il cantante sale sul palco e si mette dietro al microfono, non importa che sia un muratore o un disoccupato, che sia napoletano o di Parma, in quel momento per il pubblico lui è Vasco. È l’attivatore di un rito collettivo. Si crea qualcosa di unico ai concerti di queste band, ci sono gli stessi cerimoniali in miniatura che avreste potuto osservare al Modena Park. E quando Kikko Sauda, che è selvaggio come il Vasco dei primi ’90, suona nella provincia di Imperia, i reggiseni volano sul palco. C’era un gruppo di amici sardi che prendeva un aereo per assistere ai live degli Asilo Repubblic di Jo-Jo, in provincia di Alessandria. Come mai? Anzitutto perché con le cover band spesso suonano anche i musicisti storici di Vasco, dallo storico chitarrista Maurizio Solieri al bassista Claudio “il Gallo” Golinelli.

Poi perché i Vaschi sono dei personaggi a loro modo unici che hanno fatto, seppur in miniatura, un percorso di identificazione col mito che noi comuni mortali non possiamo permetterci di fare. Si disinteressano dei giudizi della gente in paese che agli inizi li avrà indicati come matti («non bado alla gente che guarda sconvolta/ ormai ci sono abituato/ sono vaccinato» da Fegato Spappolato) perché vanno in giro come li vedete in questi scatti con una naturalezza che non li rende mai imitatori di qualcosa.