Cultura
1 ottobre, 2025Otto anni dopo “Detroit”, Kathryn Bigelow torna con il film “A house of dynamite”. Un thriller sul rischio di guerra atomica, sempre più attuale: “Davvero vogliamo vivere in un mondo del genere?
«Siamo esseri umani estremamente fallibili circondati da armi infallibili, in grado di annientarci tutti». È la considerazione da cui è partita Kathryn Bigelow per firmare il suo nuovo film, un thriller adrenalinico sulla minaccia di guerra nucleare “A House of Dynamite”.
Arriva su Netflix il 24 ottobre, dopo essere stato lungamente applaudito alla Mostra del Cinema di Venezia. La regista statunitense, prima donna a vincere l’Oscar per la migliore regia nel 2010 con “The Hurt Locker” (che vinse anche come miglior film), torna dietro la macchina da presa a ben otto anni dal precedente “Detroit” affrontando a pieno viso un terrore contemporaneo. Quello che possa partire per qualsiasi motivo, un giorno per caso, la guerra nucleare. «Per fare un film devo crederci con tutta me stessa. Non basta che l’argomento mi appassioni, devo esserne profondamente convinta. Ritengo che il tema più urgente oggi sia quello delle armi nucleari, perché viviamo tutti quanti in una casa piena di dinamite». Una casa in cui il dialogo sta fallendo: «Non riusciamo a risolvere i conflitti in maniera diplomatica, viviamo in un mondo profondamente scisso in cui tutti sono contro tutti, quando invece il mondo dovrebbe sedersi attorno a un tavolo e capire, insieme, come possiamo vivere in un mondo più sicuro per tutti. Stessa cosa per l’emergenza climatica. Se ci chiudiamo ognuno nelle nostre bolle non ne usciremo mai».
Su Trump preferisce non esprimersi: «Non ho la palla di vetro per sapere come intenderà comportarsi», ma insiste con il sottolineare «l’importanza dell’aspetto umano anche in chi è ai vertici ed è chiamato a prendere decisioni importanti in momenti delicati». Come Idris Elba, che interpreta per lei il presidente degli Stati Uniti d’America, Rebecca Ferguson, nei panni del comandante Olivia Walker, e Gabriel Basso in quelli del viceconsigliere per la sicurezza nazionale. Perché con il suo film ad altissima tensione Bigelow ci fa entrare direttamente dentro le stanze “dei bottoni”, dopo essersi documentata a lungo in modo scrupoloso. «La sceneggiatura (cofirmata con Noah Oppenheim, ndr) è il risultato delle conversazioni con professionisti che siedono davvero in quelle stanze. Alcuni di loro erano con noi sul set, a darci consigli affinché le scene fossero il più possibile aderenti alle procedure reali e alla veridicità delle operazioni. Cercavo più di ogni altra cosa l’autenticità, su un tema così urgente mi premeva essere onesta, precisa, raccontare la verità. E sollevare questioni che starà al pubblico, poi, approfondire».
Ad esempio? «Quanto è vulnerabile la riserva nucleare? Chi se ne prende cura? Ci sono persone competenti, chiamate ad agire e decidere in un tempo brevissimo, a cui affidiamo il destino del mondo. Non si tratta solo di protocollo, bisogna considerare il fattore umano: come reagirebbero quelle stesse persone se la minaccia diventasse reale?». Esattamente di questo parla il suo film, che ci pone di fronte a un’evidenza schiacciante: un missile (non rivendicato, sganciato da uno Stato non meglio identificato contro gli Stati Uniti) sta per abbattersi su Chicago tra 19 minuti. Il countdown e la conseguente ansia, se non panico, non sono vissuti solo dai protagonisti, ma soprattutto dagli spettatori: «Per attivare un processo di immedesimazione, ci tenevo a umanizzare tutto il processo, a raccontare come in quella stanza ci fossero persone come noi, con le loro vite, le loro emozioni, le loro reazioni e le loro famiglie a casa. Spero che il pubblico possa chiedersi: “Cosa farei io al loro posto?”». Paura di ritorsioni non ne ha: «Sono tranquilla perché tutto quello che raccontiamo nel film è di dominio pubblico, non c’è nulla di inventato, tutto è accuratamente tratto da procedure reali e affidabili fonti della sicurezza degli Stati Uniti. C’erano generali con noi sul set che ci fornivano quanti più dettagli ci servissero, tutte le ricerche condotte al riguardo sono state approfondite e verificate».
Persino il manuale “Nuclear Book” (Libro Nucleare) che a un certo punto compare nel film è reale: «Ovviamente non abbiamo avuto accesso a quello vero, ma abbiamo creato un fac-simile molto aderente all’originale. Abbiamo trovato affascinanti questo tipo di informazioni e io, da regista, trovavo importante farle conoscere al pubblico. Dobbiamo portare avanti dibattiti e discussioni sulla non proliferazione delle armi nucleari, se vogliamo sopravvivere. C’è chi ha l’autorità di svegliarsi una mattina e mettere fine alla razza umana, ormai lo sappiamo, la domanda che resta è: davvero vogliamo vivere in un mondo del genere?». Qualunque sia la risposta, di tutto questo reputa urgente continuare a parlare: «Essere consapevoli è il primo passo. Negli ultimi decenni la situazione si era normalizzata, mentre adesso c’è questa folle corsa al riarmo, con nove Paesi ufficialmente dotati di armi nucleari, ma potrebbero benissimo essere di più. Tutti conosciamo le terribili conseguenze della minaccia nucleare, eppure ormai la gente non sembra più così scioccata dall’ipotesi dello sgancio di una bomba letale. Per questo dobbiamo continuare a parlarne, al cinema e fuori. Tenere alta l’attenzione. Ci riguarda tutti, nessuno escluso».

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