Cultura
15 ottobre, 2025Le idee di Oriana Fallaci hanno sempre fatto discutere. A molti la giornalista e scrittrice fiorentina non piaceva. La conosceva bene Luciana Castellina, deputata comunista e femminista
Le idee di Oriana Fallaci, si sa, hanno sempre fatto discutere. A molti la giornalista e scrittrice fiorentina non piaceva. La conosceva bene Luciana Castellina, deputata comunista e femminista.
Quando incontrò per la prima volta Oriana Fallaci?
«L’ho conosciuta verso la fine degli anni Quaranta. Ero una studentessa universitaria e lei già lavorava come giornalista. Un giorno venne in facoltà, alla Sapienza di Roma, per fare delle interviste sul congresso universitario. Allora c’era l’Unione universitaria rappresentativa italiana, un organo rappresentativo degli studenti, la conobbi in quell’occasione. All’inizio mi fece un’ottima impressione. Poi, nel corso degli anni, l’ho incontrata sempre più spesso perché facevamo lo stesso mestiere. Io lavoravo per il Manifesto e lei per giornali più noti. Ma Oriana tutto era meno che giornalista».
Non le piaceva il suo modo di lavorare?
«No, il giornalismo è altro, è curiosità e capacità di andare a fondo nella notizia. Quando arrivava nei vari posti si chiudeva in una stanza in attesa che qualcuno dell’entourage le concedesse un’intervista. E aspettava lì, magari per tre giorni, chiusa in camera senza guardare nulla del posto in cui andava. Aspettava solo l’intervista con Gheddafi o con l’eroe di guerra. Poi prendeva il registratore e quando doveva scrivere riportava le frasi come voleva lei, stravolgendo completamente il significato con grande abilità. Non era neanche facile da smentire. Così ha detto delle cose terribili nel corso della sua vita. Quando ci fu il Social Forum europeo a Firenze, nel 2002, uno dei più grandi eventi della mobilitazione giovanile contro le ingiustizie del mondo, lei fece quell’editto terribile in cui disse di chiudere tutti i negozi perché stavano arrivando i barbari».
Proveniva però da una famiglia antifascista, fu staffetta partigiana e stimava Enrico Berlinguer.
«All’inizio era su posizioni più di sinistra, ma poi ha avuto un’evoluzione tremenda».
Prendiamo l’Oriana Fallaci scrittrice. Cinquant’anni fa usciva “Lettera a un bambino mai nato”, che affrontava il tema della maternità e dell’aborto. Secondo lei possiamo considerarla una femminista?
«Io sono sempre scettica quando si parla di femminismo. Non basta diventare potenti, come Giorgia Meloni, per essere una femminista. Le donne non sono tutte uguali, alcune sono intelligenti e altre sono imbroglione. C’è questa tendenza oggi a dire che se una donna fa qualcosa di diverso allora è brava. Oriana Fallaci non esiste nel dibattito femminista, che è stato importante e serio. È un mito fabbricato. Faceva cose che piacevano al potere».
Quel libro però scosse sia i progressisti che i conservatori, è d’accordo?
«Non conoscevo nessuno che leggesse i suoi libri. Oriana ha avuto un momento di notorietà quando si occupò di Panagulis e del colpo di Stato contro la dittatura dei colonnelli, mentre io fui mandata in carcere, ad Atene».
In quegli anni la libertà femminile diventò sinonimo di sterilità?
«Il dibattito nasceva tutto sbagliato, sembrava che l’obiettivo delle donne fosse diventare come gli uomini. Ci abbiamo messo tutte un po’ di tempo a capire che non era un grande obiettivo, ma che invece era importante affermare la diversità delle donne come valore in sé. Di questo c’è traccia nelle cose che dice Oriana. Le donne oggi sono diventate più importanti, sono la maggioranza nella magistratura e nella sanità. Ma se i manager maschi fanno figli al 95 per cento, le donne manager al 30 per cento. Questo significa c’è ancora della strada da fare».
Fallaci sostiene nella “Lettera” che essere donna è una sofferenza, è ancora così?
«Questo è vero, anche se meno di allora. Le donne stanno facendo la rivoluzione. Vengono ammazzate, purtroppo, ma la rivoluzione non si fa senza spargimento di sangue, diceva Lenin. Non a caso uccidono le donne che si ribellano, non le più deboli. Ma la rivoluzione è in atto, su questo non c’è dubbio».
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