Cultura
30 ottobre, 2025In "Empusium" l’autrice intreccia mistero, filosofia e ironia gotica
Una festa ironica intorno alla morte. Uno sguardo che abbraccia la natura e le sue metamorfosi. Un orecchio teso su ciò che da sempre gli uomini pensano delle donne. È tornata la Nobel per la letteratura Olga Tokarczuk. E tutti i temi, le atmosfere, le metafore e le irrisioni che ne contraddistinguono l’opera si ritrovano in “Empusium” (Bompiani, nella traduzione dal polacco di Silvano De Fanti), romanzo che tende al genere gotico e che omaggia Thomas Mann e i suoi ambienti densi, spirituali, complessi. Protagonista è un giovane ingegnere malato ai polmoni che da Leopoli si reca a Görbersdorf, centro di cure della Bassa Slesia (dopo la guerra ribattezzato Sokolowsko). Nella pensione per signori in cui alloggia, il ragazzo entra a far parte di una comunità di maschi che, in attesa di guarigione, passeggia, conversa, gusta pietanze del posto, scruta gli altri. È il 1913, un attimo prima dell’anno che cambia tutto, la soglia di un mondo sul punto di scomparire. Una sensazione di pericolo costante che attanaglia sin dall’inizio della lettura. Subito confermata: il cadavere di una donna è steso sulla stessa tavola dove di lì a poco si svolgerà un banchetto.
Mentre le foglie degli alberi avvizziscono, il freddo avanza, il crepuscolo scende presto, le chiacchiere fioriscono: “Non sapremo mai che cosa vogliono”, tagliano corto i filosofi-maschi di fronte a quella donna che misteriosamente si è tolta la vita. Del resto, chiosano, “là dove nei maschi è situata la volontà, nelle femmine abbiamo la bramosia. Là dove i maschi hanno la comprensione dei numeri e delle strutture, nelle femmine si trova la maternità”. Rumori notturni, effetti del liquore locale: tutto registra il giovane Mieczyslaw, soprattutto ciò che traspare dalla nebbia e dalle ombre (“Noi riteniamo che le cose più interessanti stiano sempre nell’ombra, in ciò che non si vede”). Mentre ciuffi d’erba si allungano sotto la pioggia; creature dei boschi, calde e seducenti si risvegliano, un’umanità marginale e invisibile che sempre anima i romanzi di Tokarczuk - qui carbonai e anonimi abitanti di muri, pavimenti e solai – abbraccia in un’elegante, simbolica fiaba nera.
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