Cultura
30 ottobre, 2025La mostra “Chi esce entra” omaggia un luogo storico della Capitale, un night club destinato a nuova vita. All'insegna della creatività
Una grande installazione rossa realizzata con materiali tessili, lattice e palloni gonfiabili appare come un’enorme ferita che squarcia in due lo spazio in rovina. Sembra crescere e trasudare dall’architettura stessa, come farebbero muffe o batteri che proliferano fino a invadere l’organismo che abitano. Ma un corpo è progettato per combattere e resistere agli attacchi esterni con le risorse che ha a disposizione. Ed è proprio questa l’immagine che si vuole rievocare: la rinascita dopo il decadimento.

Varcando la soglia di una piccola porta di legno in Via Gregoriana 9, Roma, questa è la prima scultura che cattura lo sguardo del visitatore. È dell’artista spagnola Eva Fàbregas, si chiama “Exudates” - termine inglese scientifico usato per indicare i fluidi che un organismo vivente produce in risposta a un’infezione - ed è solo una delle 42 opere esposte alla mostra “Chi esce entra. A Tribute Exhibition to a Disappearing Building”. Il progetto, curato dallo storico d’arte, scrittore e docente svizzero-spagnolo Simon Würsten Marin, è promosso dalla Fondazione Max Planck in collaborazione con la Biblioteca Hertziana e sarà visitabile fino al 9 novembre 2025.
L’esposizione riunisce 24 artisti italiani e internazionali tra scultura, pittura, fotografia, video e performance, per rendere omaggio alla funzione originaria dell’edificio che la ospita. Nascosto nel centro storico della capitale e ormai abbandonato da trent’anni, il luogo fu inaugurato nel 1911 come galleria d’arte del collezionista Ludovico Spiridon, per poi diventare la sede del night club “La Cage aux folles” negli anni Ottanta, prima di cadere in disuso. Oggi si presenta come una rovina contemporanea in declino, resa accessibile al pubblico in occasione della nuova fase transitoria che si ritrova ad affrontare, prima di essere demolita e trasformata in un’estensione della Biblioteca Hertziana, che accoglierà i libri rari e la sua fototeca.

“Chi esce entra” interpreta l’attuale stato di degrado del posto come una fase ulteriore e significativa della sua storia stratificata e come terreno fertile per il pensiero critico. Le opere scelte da Würsten Marin si confrontano con i temi dell’eredità culturale e della memoria sociale e invitano a riflettere su come i processi di ricordo e oblio prendano forma negli spazi pubblici e domestici, contribuendo così a plasmare identità individuali e collettive nei secoli. In questo contesto poco convenzionale, agli artisti coinvolti è stato affidato il compito di riattivare l’architettura disintegrata del luogo, inventando allo stesso tempo trame diverse per permettere alla creatività di prendere il sopravvento.
Proprio per richiamare questi concetti, il titolo della mostra è tratto da un’opera in feltro del pittore italiano Vincenzo Agnetti del 1971, in cui la frase marchiata a fuoco e dipinta sulla superficie rappresenta un paradosso, suggerendo che gli opposti non siano necessariamente esclusivi, ma possano convergere generando prospettive inattese e nuovi significati. Così ogni uscita è anche un’entrata. Non ci sono strappi, ma solo transizioni.

L’iniziativa rappresenta anche uno dei pochi esempi di urbanizzazione al contrario. Di solito, uno spazio abbandonato nel cuore di una città viene acquisito da un’azienda con lo scopo di costruire nuovi centri commerciali, parcheggi o negozi di lusso. Stavolta, invece, l’essenza artistica e culturale del luogo ha avuto la meglio e l’edificio non perderà la sua funzione iniziale: contenere e veicolare lo scibile umano. Il percorso espositivo si chiude con un’altra frase in feltro di Agnetti: «Costruiremo le case come una volta senza tetti e senza mura». Il movimento del futuro che si mescola con il ricordo del passato.

LEGGI ANCHE
L'E COMMUNITY
Entra nella nostra community Whatsapp
L'edicola
Russian Secrets - Cosa c'è nel nuovo numero de L'Espresso
Il settimanale, da venerdì 24 ottobre, è disponibile in edicola e in app



