Cultura
3 novembre, 2025Dai sobborghi di Dublino ai banconi di tutto il mondo. La serie Netflix House of Guinness mette in scena la storia di una dinastia che ha lasciato il segno. Ma chi erano davvero i Guinness?
Dopo 266 anni, il primo birrificio Guinness è ancora lì, nello stesso punto in cui tutto ebbe inizio nel 1759. Il suo fondatore riuscì ad accaparrarsi l’affitto di quel terreno nei sobborghi di Dublino per un periodo di 9 mila anni. A conti fatti, possiamo dire che la Guinness ha ancora un bel po’ di tempo davanti, circa 88 secoli di locazione. Un patto con il tempo, destinato a legare per sempre i Guinness alla loro fortuna e alle loro sventure. Da allora, mentre il marchio cresceva e conquistava il mondo, la dinastia Guinness ha alternato successi vertiginosi a tragedie che sembrano uscite da un romanzo.
Il mito del fondatore: il fiuto per gli affari e il doppiogiochismo politico
La serie Netflix si concentra solo sui discendenti di Arthur Guinness e sull’espansione internazionale dell’azienda fra Otto e Novecento. Ma è proprio l’avventura imprenditoriale del fondatore ad avere dell’incredibile. Figlio di due fittavoli, Arthur Guinness non poteva accontentarsi di essere un semplice mastro birraio e così, con sole 100 sterline di eredità, diede vita alla sua industria ottenendo un contratto d’affitto che rimarrà nella storia.
Il successo arriva anche grazie alla sua capacità di rispondere ai cambiamenti del mercato: nella seconda metà del Settecento comincia a diffondersi un tipo di birra più scuro, di produzione inglese. Ben deciso a non perdere posizioni sul mercato, Arthur Guinness orienta la produzione verso una tipologia nuova di birra, dall’iconico color rubino scuro. Il fiuto per gli affari si accompagnava ad un grande talento per l’equilibrismo politico: sostenne apertamente Henry Grattan, un politico irlandese fautore dell’emancipazione dei cattolici.
Ad ogni dinastia la sua maledizione
“Anche i ricchi piangono” recitava la famosa telenovela messicana: suicidi, incidenti stradali, misteriose disgrazie e omicidi. Come ogni dinastia di milionari che si rispetti, anche i Guinness hanno il loro patrimonio di sciagure. Si racconta che la “maledizione” abbia colpito per la prima volta Walter Edward Guinness, assassinato in Egitto nel 1944. Da lì in poi una sequenza impressionante di tragedie: nel 1966 morì a soli ventun anni Tara Browne, nipote di Oonagh Guinness, schiantandosi con la sua auto a Londra (la sua morte ispirò un celebre verso dei Beatles). Nel 1978 toccò a Lady Henrietta Guinness, morta suicida in Italia, e nello stesso anno il piccolo Peter Guinness, di appena quattro anni, perse la vita in un incidente.
Nel 1986 Olivia Shannon, ventiduenne studentessa a Oxford, morì per overdose; due anni dopo, John Guinness trovò la morte sul Monte Snowdon dopo la tragica scomparsa della moglie rapita, e nello stesso periodo Sheridan Blackwood, discendente diretto della famiglia, morì di Aids. L’ultimo capitolo di questa lunga scia di sventure risale al 2020, quando Honor Uloth, diciannovenne figlia di Lady Louisa Jane Guinness, è annegata in piscina durante una festa. Una serie di sfortunate coincidenze che hanno alimentato un ombra scura sulla famiglia.
Ereditiere leggendarie: le Guinness Golden Girls
Le chiamavano le Golden Guinness Girls: Aileen, Maureen e Oonagh, tre sorelle bionde, ricchissime e scandalosamente affascinanti. Figlie di Ernest Guinness, crebbero tra yacht, cavalli e balli d’alta società, diventando le protagoniste assolute dei ruggenti anni Venti. La più carismatica, Maureen, divenne marchesa di Dufferin e Ava e trasformò ogni festa in uno spettacolo di eleganza e stravaganza: amava travestirsi, sparire tra gli ospiti e riapparire sotto mentite spoglie, solo per il gusto di stupire.
Tra lusso, ironia e un talento naturale per la scena, divenne un’icona del suo tempo. Ma anche per loro non mancano le ombre: fra mariti sfortunati, incidenti, lutti improvvisi, la “maledizione dei Guinness” non le risparmiò. Rimasta vedova e sommersa dai debiti di gioco del marito, Maureen trovò comunque il modo di rialzarsi, diventando una delle prime donne a entrare nel consiglio d’amministrazione della Guinness Brewery.
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