Cultura
6 novembre, 2025Dal 30 ottobre al 2 novembre all’Oval Lingotto torna la fiera diretta da Luigi Fassi. 176 stand, la città invasa di performance e artisti. E un tema per riflettere sulla responsabilità verso il Pianeta
Nell’ultima edizione di Art Basel Paris, la galleria Hauser & Wirth ha venduto “Abstraktes Bild” (1987) di Gerhard Richter, a 23 milioni di dollari. D'accordo. Che noia però che la restituzione narrativa di una fiera d’arte si esaurisca sempre più spesso con le sole vendite più eclatanti.
Artissima (Oval Lingotto dal 30 ottobre al 2 novembre) si ribella a questa logica iper-capitalista e ci tiene molto alla sua allure intellettuale. Sentite il tema di quest’anno, scelto dal direttore Luigi Fassi: “Manuale operativo per Nave Spaziale Terra”, dal titolo del libro del 1968 (Il Saggiatore) di Richard Bucjìk, genio eclettico che fa riflettere sulla responsabilità collettiva, siamo tutti piloti di questa nave spaziale chiamata Terra, tutti impegnati a dare il nostro contributo nell’eterna sfida tra sviluppo e sostenibilità.
Il messaggio è chiaro: perdetevi pure tra i 176 stand presenti, guardate le migliaia di opere e magari custoditene alcune nella memoria, compratele in abbondanza mi raccomando, fatevi i selfie (con moderazione) davanti a quelle più ammiccanti ma non fatevi sfuggire l’occasione di ribellarvi all’appiattimento semantico e soprattutto di pensare in modo critico e complesso.
Ma Artissima per Torino è qualcosa di più di una semplice fiera…Chi c’era ci dice di quanto sia cambiata da quando è stata fondata, era il 1994, e quanto ha contribuito a trasformare l’atteggiamento della città verso il contemporaneo. Le gallerie presenti allora erano circa un terzo in meno, i collezionisti ancora meno ma molto appassionati, dei veri innamorati che mai avrebbero gettato una propria opera nel tritacarne delle aste. Discretissimi e spesso accompagnati da una valigetta piena di contanti. I visitatori - pochissimi - persi tra linguaggi che ancora non erano di uso comune, giusto qualche timido scatto con ingombranti macchine fotografiche e i talk in fiera avevano un nome bizzarro: conversazioni.
Un’opera del giovane Maurizio Cattelan si faceva notare nello stand di Raucci/Santamaria, galleria ormai chiusa. Chissà in quale salotto è finita? Ecco che anche i salotti (in tutti i sensi) iniziano a cambiare, diventano permeabili, magari quell’opera ha trovato posto tra comò dell’800, il dipinto a olio di un avo sabaudo in uniforme, il ritratto di nonna Adelaide o di bisnonna Diodata.
Tra le figure che più hanno contribuito al cambiamento, qualche anno prima, non è stata dimenticata Rosangela Cochrane, arrivata da Londra, gli ambienti borghesi le stavano stretti e contribuì a contaminarli, amatissima dagli esponenti dell’arte povera, non solo acquistava le loro opere ma li faceva conoscere negli ambienti più abbienti della città. Collezionista a tutto tondo, dall’arte contemporanea internazionale più d’avanguardia che all’inizio veniva accolta con stupore e scetticismo, ai gioielli, tantissimi, soprattutto bijou americani dal valore relativo ma di grande impatto. Ha influenzato molti, anche Patrizia Sandretto.

La cena dell'anno
Per festeggiare i trent’anni della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo il 30 ottobre è prevista una grande cena. Cinquecento gli ospiti attesi da ogni angolo del globo. Sempre come parte delle celebrazioni un gruppo significativo di opere della sua collezione è esposta nella mostra “News from the near future” divisa tra due sedi espositive: la Fondazione e il Mauto. In mostra molti degli artisti più decisivi di questi ultimi trent’anni: Maurizio Cattelan, Steve McQueen, Cindy Sherman, Wolfgang Tillmans, Urs Fischer. Ma ovviamente la vera protagonista è la padrona di casa. In trent’anni è diventata la figura più influente dell’arte contemporanea in Italia, e con intelligenza è riuscita a sedersi ai tavoli che contano a livello internazionale. Tavoli zeppi di billionaire e poteri smodati, non era scontato. Ma, come evoca anche il titolo della mostra, ora la partita si gioca al futuro, sulla sua eredità, il presente è ampiamente conquistato.
Patrizia Sandretto nell’Italia della cultura, tra poteri deboli e fondi risicati, ha il prestigio per legittimare quello che tocca, una sorta di sigillo di garanzia che distribuisce a premi, mostre, iniziative e soprattutto a persone, una grossa responsabilità. Per rendere l’idea, il cane di Patrizia, Gru, un adorabile chihuahua, è stato soprannominato da qualche burlone torinese, “il sistema dell’arte”, in quanto entrambi saldamente nelle sue mani.
Le mostre in città
La fiera ha il merito di catalizzare grandi mostre e la città non si è fatta trovare impreparata. La Fondazione Agnelli propone la mostra personale di Alice Neel (1900-1984) “I’m the Century” a cura di Sarah Cosulich e Pietro Rigolo. Neel è una delle più importanti pittrici americane, mescola realismo e surrealismo, e mette in scena in maniera unica personaggi e scene di vita che toccano tematiche sociali ed esistenziali, l’obiettivo è di ripercorrere il successo roboante della mostra di Salvo l’anno scorso. Sarah Cosulich, la direttrice, indipendente e volitiva, ha avuto il merito dare nuova linfa all’istituzione, presieduta da Ginevra Elkann, il cui nome evoca la Torino che fu e che vuole essere protagonista anche nella Torino che sarà.
La GAM, Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, propone quattro mostre tra cui “NOTTI. Cinque secoli di stelle, sogni, pleniluni” a cura di Fabio Cafagna ed Elena Volpato, un viaggio nei dipinti notturni più significativi degli ultimi 5 secoli, dal romanticismo ottocentesco, alla metafisica del ‘900 fino alle più ardite visioni contemporanee. Per la direttrice Chiara Bertola, una mostra non è qualcosa da fruire in modo passivo ma deve stimolare riflessioni e dare spazio a contrasti ed emozioni e sì sa nella notte albergano tanto i sogni quanto gli incubi.
Il Castello di Rivoli, salotto intellettuale della città, propone una retrospettiva molto articolata di Enrico David, “Domani torno” a cura di Marianna Vecellio, uno degli artisti italiani più conosciuti all’estero ma ancora sottorappresentato in patria nonostante sia stato tra i protagonisti del Padiglione Italia alla Biennale nel 2019.
Spazio alla fotografia alle Gallerie d’Italia con la mostra “Jeff Wall. Photographs”, a cura di David Campany. Un’immersione nel lavoro del settantanovenne fotografo canadese, che con i suoi scatti affronta tematiche esiziali: guerra, natura, razza, genere e classe sociale, a volte in modo enigmatico e sorprendente ma mai didascalico. E ovviamente molte altre mostre che meritano una visita, alle OGR, alla Fondazione Merz, al MAO.

Investire sulla bellezza
A Venezia ormai ci sono più fondazioni d’arte che B&B, l’invasione l’hanno cominciata i francesi con Pinault a Punta della Dogana, seguiti a ruota da svizzeri, americani, russi ecc. Tra costo del lavoro, costo dell’energia e deliri burocratici la bellezza sembra l’unica cosa che attrae investimenti stranieri in Italia, altro che flat-tax. Torino spera di essere la prescelta per ospitare parte della collezione di arte contemporanea, tra le più prestigiose al mondo, della sceicca qatarina Al Mayassa bint Hamad Al-Thani, il luogo candidato è il Palazzo del Lavoro progettato da Gio Ponti, in carico a Cassa Depositi e Prestiti. Ci sono stati dei sopralluoghi ma tutto tace da prima dell’estate.
Un’altra collezionista che è sbarcata a Torino è la svizzera Mia Rigo Saitta, e qui ha portato il suo progetto Archivorum Library che ha trovato sede all’interno della galleria Franco Noero, una raccolta di pubblicazioni artistiche che possono essere consultate, un progetto votato alla condivisione del sapere. Seduta nello stand di Exo Art Lab, all’interno della fiera The Others, dedicata ai talenti emergenti, troverete in questi giorni Judith Ccasa Caceres. Arrivata dal Perù poco più che bambina ha deciso di sostenere il progetto “Amnesia” dell’artista Maca Cerquera, anche lei peruviana, che attraverso le sue composizioni dai colori brillanti ci interroga sul nostro rapporto con la memoria che oscilla tra il bisogno di ricordare e quello di dimenticare. Ccasa Caceres non ha dimenticato le sue origini e le condivide attraverso l’arte con il suo paese adottivo.
Una frase d’amore scritta su un muro all’uscita della metro Lingotto, sul cammino per Artissima, calza a pennello per raccontare il fascino della Torino contemporanea, recita infatti: “Tu invecchi ma io non me ne accorgo”.
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