Erika Rossi racconta la storia dell’Accademia della Follia, la compagnia teatrale fondata da Claudio Muscolin sulla lezione di Basaglia sul superamento dei manicomi

L’esperienza dei “mattattori” in un docufilm

Non basta aprire i manicomi per liberare le persone: Franco Basaglia ne era perfettamente consapevole ed era convinto che solo mantenendo un dialogo costante tra interno ed esterno si potesse affrontare la malattia nella sua duplice faccia, reale e sociale, prendendo in causa – assieme ai sintomi e alle manifestazioni morbose – i pregiudizi, le paure, le diffidenze che ancora la circondano e la alimentano.

 

Tra i tanti che comprendono che un’istituzione che intende essere terapeutica deve diventare una comunità c’è Claudio Misculin, che arrivò nell’ex ospedale psichiatrico di Trieste, lì dove ora c’è un bellissimo parco restituito alla Città, dopo un anno di galera preventiva per un’accusa ingiusta poi decaduta. Nello smarrimento in cui era finito, Misculin incontra uno spazio aperto, a disposizione degli artisti, dove gli psichiatri si sono tolti i camici e si sono messi in gioco con un unico intento: restituire soggettività ai malati. E passa, come era solito dire lui, da una vita malata alla malattia del teatro, attraverso il quale non è guarito ma si è curato, contribuendo a costruire la Legge 180 e divenendo il più grande affabulatore della rivoluzione basagliana. Con questo spirito Claudio Misculin, Angela Pianca e Cinzia Quintiliani fondano la compagnia teatrale Accademia della Follia, che ha incontrato lungo il percorso oltre mille persone, molte delle quali si sono affacciate a quest’esperienza dopo 30-40 anni di manicomio. 

 

Una realtà che ha realizzato più di settanta spettacoli, collaborando con artisti come Giuliano Scabia, Dacia Maraini, Dario Fo, andando in trasferta in Europa, in Brasile (ricevendo la Medaglia al Merito dal presidente Napolitano) e in Colombia. Una realtà che è sopravvissuta alla perdita prematura del suo mentore Misculin, morto nel 2019, a cui ha reagito mettendo in scena di lì a poco, nonostante il Covid, uno spettacolo omaggio in coproduzione con il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia; nel frattempo l’Archivio di Claudio Misculin e dell’Accademia della Follia è stato ufficialmente riconosciuto dal ministero per i Beni e le Attività Culturali «di grande valore culturale e di elevatissimo valore sociale per la storia nazionale» e completamente digitalizzato. Una storia che è diventata un film: “Noi siamo gli errori che permettono la vostra intelligenza”, prodotto da Ghirigori. La regista è la triestina Erika Rossi, che in vari documentari ha disegnato l’universo basagliano nelle sue molteplici sfaccettature, dando conto dell’eredità di quel modello esportato in tutto il mondo che oggi in Italia si tenta ideologicamente di smontare.

 

«Sentivo l’urgenza di raccontare l’Accademia della Follia, specialmente dopo la morte di Claudio», dice Rossi. «È stato un lavoro durato quattro anni, in cui ho seguito la compagnia ed esplorato a fondo l’Archivio: partivo da 100 ore di girato con numerose chicche degli anni ’70 nell’ex manicomio. La cosa più bella è stata passare molto tempo in compagnia degli attori dell’Accademia». Matti di mestiere e attori per vocazione, come amano definirsi. Un film necessario – conclude Rossi – per far comprendere che la follia è una risorsa e fa parte della vita di tutti. E l’arte, il teatro, possono sublimare le nostre esistenze e a volte persino cambiarle.

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