Imagine, storia di oggi: arriva nelle sale il docufilm che ricostruisce l’impegno di Lennon contro la guerra

È la fine del 1971 quando John Lennon e Yoko Ono lasciano Londra per trasferirsi a New York. I Beatles si sono sciolti da meno di un anno, le polemiche per la rottura tra John, Paul, George e Ringo non si placano, in Inghilterra la coppia viene inseguita e minacciata per strada, molti ritengono Yoko responsabile dello scioglimento dei Fab Four, la chiamano strega, “la brutta giapponese” è una delle offese che in quei giorni i tabloid utilizzano contro di lei.

 

John e Yoko arrivano dunque a New York anche per sfuggire a quel clima pesante e si stabiliscono in un appartamento su due piani al Greenwich Village, il quartiere degli artisti, degli intellettuali e dei giovani radicali che sognano la rivoluzione. È ancora viva la stagione del flower power iniziata nel ’68, la cultura hippy dei figli dei fiori nata per reazione alla guerra in Vietnam. John e Yoko si sono già impegnati in prima linea per la pace: sono famosi per i loro “bed-in”, le conferenze stampa in cui parlavano mentre si trovavano ancora nel letto e Lennon ha già scritto e pubblicato canzoni pacifiste come “Instant Karma!” e “Give Peace a Chance” e in quei giorni scrive “Imagine” che diventerà l’inno del movimento.

 

Il risultato di questo intenso periodo di musica e politica, che li vide a New York spesso in compagnia del poeta e attivista Allen Ginsberg, fu l’organizzazione dello show benefico “One to one”, l’unico vero concerto che Lennon tenne dopo la fine dei Beatles. La storia di quei mesi viene ricostruita dal film documentario “One to One – John & Yoko”, dal 15 maggio per una settimana nelle sale cinematografiche italiane. Oltre a filmati amatoriali girati da John e Yoko e ai filmati restaurati del concerto “One to One”, nel film ci sono anche materiali inediti dall’archivio Lennon, comprese le telefonate private che l’artista registrava come prova di ciò che andava dicendo nelle sue conversazioni, dopo aver capito che i servizi segreti lo stavano intercettando.

 

Il film ricostruisce un momento turbolento della storia americana: Nixon viene eletto nuovamente presidente degli Stati Uniti ed esordisce con un discorso in cui promette di proseguire la guerra in Vietnam con più convinzione e con ancora più mezzi, annuncia di voler bombardare le dighe nel Paese asiatico. I pacifisti lo accusano di crimini di guerra, si comincia a parlare di genocidio, si susseguono cortei per la pace e scontri nelle strade. L’uscita in questi giorni nelle sale italiane può rappresentare dunque un corto circuito interessante visto che a distanza di 55 anni riecheggiano molti termini che vengono usati nel film e si scende nuovamente in strada per manifestare per la pace.

 

Ma dove sono oggi i John Lennon? Quali artisti hanno raccolto in Italia il testimone di un cantante come Lennon che cantava di “Power to the people”, di potere al popolo, e che nel concerto “One to One” cambiava più volte le parole della canzone dei Beatles “Come Together” per urlare la frase “Stop the war”? Lennon si sentiva un rivoluzionario non violento, rifletteva sul fallimento della stagione del Flower power ma diceva: «D’accordo, non ha funzionato, e allora? Ricominciamo!». Aveva ancora completa fiducia nel potere della musica e nella capacità degli artisti di sollevare le coscienze e di mobilitare le masse: nei giorni raccontati dal film si esibì in compagnia di Yoko Ono di fronte a 15 mila newyorchesi per chiedere la liberazione di John Sinclair, che era stato incarcerato e rischiava 10 anni di carcere per aver fumato due spinelli. Due giorni dopo il concerto, Sinclair venne rimesso in libertà e riabbracciò la moglie e la figlia: «Ci hai dato speranza», si sente dire da John e Yoko al telefono, «quando siamo arrivati a New York la gente era giù di morale, pensavamo che la generazione dei fiori fosse finita. Ora speriamo che tu sia il primo di tanti».

 

Lennon applica la sua voglia di lottare e di impegnarsi ovunque il capitalismo mostri le sue perversioni, non solo contro la guerra. Dopo la liberazione di Sinclair pensa di organizzare un tour per raccogliere fondi e assistere legalmente e liberare quanti erano stati arrestati ingiustamente, parla di 500 detenuti da liberare in ogni città in cui si sarebbero tenuti i concerti. «Fare uscire la gente dalla cella anche solo per un mese è fantastico», dice Lennon, «sarà il Free the people tour, è come essere Jesse James o Robin Hood. Quello che io, Yoko, Jerry Rubin e gli altri cerchiamo di fare è cambiare l’apatia dei giovani. Dobbiamo di nuovo entusiasmarli e dall’America questo entusiasmo si diffonderà nel mondo: viva la revolucion», dice in un’intervista che si ascolta nel film.

 

Ora che piovono bombe e ci sono stragi di civili e crimini di guerra in Ucraina e a Gaza, solo poche voci si alzano contro la guerra ma vengono facilmente ridotte al silenzio. Gli ultimi a farne le spese sono stati Ghali e Dargen D’Amico che nel 2024 hanno portato sul palco del Festival di Sanremo due temi importanti come l’immigrazione e la guerra in Palestina in cui le bombe colpiscono anche gli ospedali, ma sono stati entrambi prontamente zittiti in tv e sui giornali. Il nuovo disco dei Negrita “Canzoni per anni spietati” sembra riflettere su questo vuoto e sul silenzio degli artisti, ci sono brani contro la guerra come “Nel blu - Lettera ai padroni della terra” (“Non esistono i nemici, all’improvviso li create, fomentando le paure dai Tg e dalle testate… Già ci vedo censurati”) ma anche “Song to Dylan”, sulla necessità di trovare nuovi poeti di una possibile rivoluzione. Sono però pochi segnali in un mare di indifferenza.

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