Il volume si interroga su come treni e media abbiano modificato l’esperienza spirituale del pellegrinaggio e l’organizzazione dei giubilei, trasformando l’Anno Santo da rito stanziale a evento globale

Vaticano, un libro per reinterpretare l'esperienza giubilare grazie alle reti ferroviarie

È una breccia silenziosa quella che questo libro apre nel cuore della memoria italiana. Una breccia che non si spalanca con i colpi di cannone del 1870, ma con il fischio prolungato di una locomotiva che, nel 1933, varcò per la prima volta le Mura Leonine. Quel treno a vapore che sbuffava sul colle Vaticano è il simbolo che dà inizio alla narrazione di “Pellegrini e spettatori. I Giubilei, il treno, i media”, edito da Giunti, un volume corale che indaga un secolo e mezzo di storia cattolica attraverso la lente incrociata di pellegrinaggi, mobilità ferroviaria e rappresentazione mediatica. Il libro nasce da un progetto promosso dalla Fondazione MAC (Memorie Audiovisive del Cattolicesimo) insieme alla Fondazione FS Italiane. I curatori Gianluca della Maggiore e Dario Edoardo Viganò, con il contributo di studiosi come Gabriele Ragonesi, Gabriele Romani, Andrea Pepe, David Gargani, Danilo Boriati e Anna Villari, costruiscono un mosaico inedito di immagini e significati, basato su un poderoso lavoro d’archivio che ha coinvolto tre grandi istituzioni documentarie: l’Archivio FS, l’Archivio Storico dell’Istituto Luce e l’Archivio Apostolico Vaticano.

 

Il volume si interroga su come le infrastrutture ferroviarie e i media abbiano modificato l’esperienza spirituale del pellegrinaggio e l’organizzazione dei Giubilei, trasformando l’Anno Santo da rito stanziale a evento globale, massmediatico. Si parte dall’Anno Santo del 1933, quando Pio XI autorizzò l’ingresso del treno in Vaticano, ma anche — fatto meno noto — quello del cinema nelle cerimonie liturgiche. Fu infatti allora che la Santa Sede istituì un proprio Centro cinematografico. Come ricorda Viganò nella presentazione del volume, fu una svolta: per la prima volta le immagini in movimento e il sonoro accompagnavano l’esperienza giubilare, amplificandola, orientandola, codificandola. L’arrivo del treno sotto la cupola di San Pietro, ripreso dall’Istituto Luce, divenne l’icona visiva della Conciliazione tra Stato italiano e Vaticano. La locomotiva, da "opera diabolica" (secondo Gregorio XVI), divenne vettore di comunione e di modernizzazione selettiva. Il titolo del libro è programmatico. "Pellegrini e spettatori": due identità apparentemente divergenti che invece si intrecciano, si fondono. Chi viaggia verso Roma per fede, diventa anche consumatore di immagini, utente di media, destinatario di una narrazione pianificata. E chi assiste da lontano, davanti a uno schermo o leggendo un settimanale illustrato, partecipa comunque a un’esperienza collettiva.

 

Il Giubileo del 1950 — quello del "Desiderio di Roma", film prodotto dall’Orbis Film dell’Azione Cattolica — è emblematico. Roma è ricostruita, l’Italia è in cerca di redenzione e unità nel dopoguerra. E la Chiesa cattolica, in alleanza con la Democrazia cristiana, mobilita ogni risorsa: spirituale, politica, mediatica. Il pellegrino del 1950 arriva in treno alla nuova Stazione Termini, non più al Vaticano. Le immagini lo mostrano in cammino, avvolto nella suggestione liturgica e propagandistica del tempo. Ma in lui comincia a crescere anche una nuova dimensione: quella del turista religioso. Danilo Boriati lo nota nel suo saggio: il confine tra pellegrinaggio e turismo si fa sfumato. E Anna Villari, con un’attenta analisi dell’iconografia del tempo, mostra come accanto alla Cupola di San Pietro emerga, nel linguaggio pubblicitario, il "cupolino" di vetro di un liquore Pedroni: segno che la spiritualità è ormai immersa in un universo visuale secolare. Il volume prosegue il racconto lungo i binari della storia. Dalla Stazione Vaticana simbolo del 1933 si passa alla Stazione Termini del 1950, fino a giungere alla Direttissima Roma-Firenze degli anni Settanta. Giovanni XXIII e Paolo VI iniziano una fase nuova: il treno non è più solo ciò che conduce a Roma, ma ciò che porta il papa fuori, verso il mondo. Il viaggio di Roncalli ad Assisi nel 1962 è uno spartiacque: per la prima volta un pontefice lascia il Vaticano in treno, accompagnato da una massiccia copertura mediatica.

 

È la stagione del Concilio Vaticano II, che impone alla Chiesa un nuovo sguardo sulla modernità. E le Ferrovie dello Stato colgono la sfida: nel 1955 fondano la Cinedocumenti FS, casa di produzione di film istituzionali che raccontano non solo il trasporto, ma il suo significato simbolico. Il treno diventa metafora di progresso, di un’istituzione in dialogo col territorio, e — in un certo senso — anche del nuovo "ministero itinerante" del papato. Con Giovanni Paolo II questa dinamica si accentua. Il cinegiornale della Giornata del Ferroviere del 1979, raccontato nel libro, mostra un papa in viaggio verso il deposito locomotive di Roma Smistamento: "il viaggio più breve", lo definisce il commentatore, ma dal fortissimo impatto simbolico. Wojtyla porta la sua benedizione non solo ai fedeli, ma ai lavoratori, ai luoghi della produzione. E vent’anni dopo, nel 2002, sarà ancora un treno — l’intercity "Città del Vaticano–Assisi" — a condurre il pontefice in Umbria, dopo l’11 settembre. Un gesto mediatico, prima ancora che liturgico. Non si tratta solo di raccontare episodi o aneddoti. "Pellegrini e spettatori" è anche un esercizio metodologico. Il volume propone una chiave di lettura che potremmo definire "media-archeologica": non guarda al solo contenuto delle immagini, ma alla loro funzione storica. Le fotografie, i cinegiornali, le pubblicità non sono soltanto documenti, ma agenti della storia. Partecipano alla costruzione di un immaginario collettivo. E, come nota Viganò, è proprio in questa prospettiva che si colloca la categoria concettuale di "apostolic cinema", o più ampiamente di "apostolic media": quei media pensati non per l’intrattenimento, ma per la missione, per la trasmissione della fede e del messaggio ecclesiale.

Non è un caso che la Fondazione FS Italiane sia coprotagonista del progetto. Il treno, in questa lettura, non è un semplice mezzo, ma un linguaggio. Le ferrovie, insieme ai media, sono il vettore della modernizzazione cattolica, intesa non come adesione ai valori laici della modernità, ma come selezione funzionale degli strumenti moderni per rinsaldare l’autorità del papa e la centralità di Roma. L’uscita del libro, nel 2025, non è casuale: è in corso l’Anno Santo 2025, e il Vaticano, come lo Stato italiano, vive una nuova, imponente mobilitazione. I pellegrini a Roma, molti arrivati in treno, hanno tutti in tasca uno smartphone. Saranno pellegrini e spettatori, esattamente come i loro predecessori del 1933 o del 1950. Solo che questa volta i media non saranno cineprese, ma stories su Instagram, reels, feed di TikTok, trasmissioni Rai e Vatican Media in streaming. Ma i meccanismi saranno, in fondo, gli stessi: l’eterno ritorno del pellegrinaggio, che si rinnova ogni volta nei simboli, nei mezzi, nei linguaggi. Ed è proprio questo che il libro "Pellegrini e spettatori" riesce a raccontare con precisione, con rigore accademico ma anche con una sensibilità narrativa che lo rende accessibile e prezioso per ogni lettore interessato alla storia italiana, alla comunicazione e alla spiritualità.

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