La donna sorridente vicino all’elefante rosa è una zia amatissima. «Una donna molto femminista, come tante della mia famiglia», racconta Rima Samman. «Si occupava di noi ma ogni tanto spariva, viaggiava da sola in Egitto, in India, in capo al mondo». Quando la zia è morta, l’artista libanese, che vive a Parigi da molti anni (ma lei parla di «esilio»), ha sentito raddoppiare la nostalgia di casa. E ha trovato nell’arte un modo per combatterla. Ha preso le foto di famiglia che aveva portato con sé e le ha rielaborate «con i colori primari che userebbe un bambino».
C’è l’allegria infantile del piccolo vandalo che pasticcia con gli album di famiglia nelle immagini del ciclo “Le Bonheur tue/Happiness kills”: l’artista lo presenta dal 20 giugno al 20 agosto nella mostra Gibellina Photoroad, l’unico festival italiano di fotografia e arti visive open air e site-specific, in un’edizione speciale in vista di Gibellina Capitale dell'Arte contemporanea 2026, sempre con la direzione artistica di Arianna Catania (lo organizza l’Associazione culturale On Image con la promozione del Comune di Gibellina e della Fondazione Orestiadi). Il tema di quest’anno è “Senza tempo”: intorno a questo concetto si riuniscono i lavori di artisti affermati come Alex Majoli, Mandy Barker, Paolo Ventura, Feng Li, e talenti emergenti provenienti da tutto il mondo, che presenteranno lavori inediti, molti dei quali realizzati grazie a progetti di residenze artistiche a Gibellina.
Tornando al lavoro di Samman, la città siciliana è un posto speciale in cui presentare una serie di immagini che parla di elaborazione del lutto, di resistenza al dolore e al destino. «Con questa mostra porto con me la mia famiglia in giro per il mondo: e mi fa piacere portarla in questa città rinata dal terremoto grazie all’arte», racconta l’artista. Le immagini in bianco e nero ritoccate, il passato che si immerge nei colori del presente, sono un omaggio non solo ai viaggi della prozia Hajje Khadiji ma alla storia di una famiglia segnata da incidenti mortali, guerre, traslochi obbligati.
Ma quelle foto sono simili a quelle di tante famiglie libanesi del tempo, e l’omaggio si allarga a tutto un popolo particolarmente provato dalla storia degli ultimi secoli, e che pure dimostra, negli artisti della sua diaspora, un’energia e una vitalità che superano ogni vittimismo e ogni pietà. Ma che rifiutano la resa: a proposito della leggendaria resilienza libanese, della capacità di risollevarsi di un popolo in continua tensione tra scontri civili, catastrofi come l’esplosione del porto di Beirut e i rinnovati scontri tra Israele ed Hezbollah, Samman la spiega così: «Non abbiamo scelta: se ci lasciassimo andare, significherebbe che i cattivi hanno vinto».