Perché viaggiamo? Che cosa ci spinge ad affrontare scomodità e rischi; a riporre convinzioni e abitudini per andare incontro a voci, odori, sapori, architetture, idee del tutto nuovi? Pico Iyer, collaboratore di testate internazionali da Time a Financial Times, viaggia da sempre all’insegna del desiderio di conoscere e catturare: l’essenza dell’Oriente, i luoghi del silenzio, il senso delle stagioni.
In una conversazione con L’Espresso, alcuni anni fa, raccontò di suo padre, filosofo indiano e giramondo a sua volta, che gli aveva dato il nome dell’umanista Pico Della Mirandola, affascinato dalla sua proverbiale memoria e dalla straordinaria capacità di tessere amicizie e relazioni. E raccontò di essersi appena trasferito dal luogo in cui era nato, Oxford, in Giappone, la cui cultura “interiore e sofisticata” non ha pari. Nel frattempo Iyer, che ha aggiunto un monastero benedettino in California ai luoghi di abituale residenza, ha continuato a viaggiare: in cerca del paradiso. “La vita a metà conosciuta” (Einaudi, nella traduzione di Duccio Sacchi) riunisce reportage letterari dall’Iran al Kashmir, da Gerusalemme a Belfast, dallo Sri Lanka alla Corea. In un susseguirsi di incontri, di riti, di emozioni guidati dalla stessa domanda: quale spinta muove oceani di persone a convergere nello stesso luogo? Quale segreto custodiscono i ghat di Varanasi, remoti templi in pieno deserto, tombe di poeti e di profeti, di uomini e donne generosi, che ricordano come solo l’amore sopravviva alla morte?
Il libro è il racconto di queste terre di passaggio, dove reale e irreale transitano da una parte all’altra; dove il miracolo e la razionalità sconfinano di continuo, anche in mezzo alle guerre, anche quando le tracce celesti sfumano e perdono, apparentemente, magia. C’è lo sguardo del viaggiatore autentico in Pico Iyer, disincantato ma disponibile a stupirsi ancora, istruito e informato ma pronto a rimettere in discussione ciò che credeva di sapere. Certezze che si frantumano davanti all’inaspettato, alla semplicità, a un vicolo nascosto che d’improvviso si apre, risplende e svela che è proprio lì il più profondo, il più indimenticabile dei paradisi.
