La stagione dei cinema vuoti regala un film da non perdere. Regista esordiente, protagonista debuttante e ricordi dei francesi Anni Trenta

Tutto in un'estate! di Louise Courvoisier è un gioiellino che richiama il grande cinema francese anni Trenta

Il protagonista di questo film-rivelazione è un inetto che arrossisce facilmente e non sa ancora quasi nulla della vita; un bugiardone che balla nudo alle feste di paese ma se fa il duro è il primo a pentirsene; un diciottenne con la faccia da bambino che magari rimorchia ma poi fa cilecca. Insomma uno come tanti, uno di noi, pieno di difetti ma capace di riconoscerli, costretto a crescere di corsa quando il padre muore all’improvviso. Con una differenza decisiva, anzi due.

 

Uno: vive tra i monti (e i formaggi) del Giura, in faccia alla Svizzera, un microcosmo molto più esotico di quanto si direbbe. Due: è uno dei più bei personaggi visti al cinema di recente. Non solo perché il giovanissimo non-attore che lo interpreta, Clément Faveau, è un portento, ma perché la regista, esordiente, da quelle parti è nata e cresciuta. E sa infondere slancio, profondità, immediatezza, insomma verità a tutto ciò che riprende, senza dimenticare il divertimento. Usando uno sguardo di incredibile finezza e tutti i mezzi del cinema per rendere universale questa storia che potrebbe sembrare banale (un romanzo di formazione, direbbero i pedanti) o peggio locale.

 

Come prova il classico piano sequenza iniziale che ci porta tra i fumi di quella sagra paesana in cui tutte le età della vita – in campagna succede ancora – stanno fianco a fianco. O quella scena decisiva giocata sul parto di una vacca che unisce il culmine dell’autenticità, il parto appunto, al massimo dell’inganno. Per portarci dentro ai corpi dei protagonisti e in fondo ai loro sentimenti confusi ma puri. Dando ai sogni e agli errori di Totone, così si chiama il ragazzetto, alla sua segreta grandezza e perfino alle sue inevitabili viltà, un’aura del tutto contemporanea (musiche, ritmi, pigrizie, tecnologie) e insieme senza tempo.

 

Una figura del Boccaccio messa a confronto con i ritmi dell’electrofunk e le corse di stock car, la Francia profonda può essere molto “americana”. Senza dimenticare quelle ragazze che parlano poco ma sanno cosa vogliono (le scene di letto sono una meraviglia). O quella sorellina che se ne sta sempre in ombra per sorprenderci in sottofinale. Come tutto questo film girato da una regista che sa far parlare e agire i maschi ruspanti meglio di qualsiasi suo coetaneo. E senza nemmeno giudicarli. Il titolo originale “Vingt Dieux” è un’imprecazione, un po’ come il nostro “Diobono!”. Chi per sua fortuna conosce il grande cinema francese anni Trenta ritroverà qualcosa di familiare. Gli altri non lo perdano. Scoperte così in Italia si fanno solo d’estate.

TUTTO IN UN’ESTATE! (VINGT DIEUX)

di Louise Courvoisier, Francia, 90’

Azione! E Stop

Festival coraggiosi. Tra tante kermesse balneari tutte tappeti rossi e (ex) star a contatore, c’è ancora chi osa. Come l’Ischia Film Festival, che non solo omaggia Antonio Capuano con il controverso “L’amore buio”. Ma invita Rashid Masharawi, uno dei rari registi palestinesi nati (e attivi) nei territori occupati, con il suo nuovo “Passing Dreams”.

 

Dive distratte. Scivolone per Fanny Ardant. Dopo aver difeso con passione e coraggio l’amico Gérard Depardieu, la musa di Truffaut ha accettato l’invito a recitare a Mosca nel teatro di un noto sostenitore di Putin. Colpa forse del suo nuovo film da regista (con Depardieu): “Elle regardait sans plus rien voir”. Lei guardava senza più vedere nulla. Ecco.

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