Cultura
26 settembre, 2025Alla Milano Fashion Week, una sfilata di eleganza sobria e malinconica diventa un rito collettivo di memoria e gratitudine in ricordo del grande stilista
Certe assenze pesano più di qualsiasi presenza. Nella Milano della moda che apre i battenti in una stagione segnata dal lutto e dalla gratitudine, la sfilata di Emporio Armani si è svolta come una liturgia laica della memoria. Giorgio Armani, il fondatore, l’uomo che per mezzo secolo ha ridefinito l’eleganza maschile e femminile, non c’era, ma c’era ogni cosa che lo riguardava: lo stile, il rigore, la luce delle sue stoffe come l’intelligenza discreta del taglio. Un’assenza sì, ma una presenza.
L’aria era sospesa, il pubblico assorto, quasi raccolto. Nessuna forzatura celebrativa, nessun trionfalismo: solo la sobria potenza di una sfilata che ha saputo trasformarsi in un gesto collettivo di affetto e fedeltà. La collezione, l’ultima a cui “Re” Giorgio ha lavorato direttamente, si intitola “Ritorni”, un nome che suona come una carezza malinconica, ma anche come un sussurro di continuità. Un ritorno, sì, ma anche un lascito che nasce dal desiderio di catturare l’impulso e il sentimento mutevole che si prova tornando in città dopo un viaggio, quando le immagini si fanno ricordi e i pensieri ancora fluttuano, liberi, prima che scoloriscano. Una libertà speciale, sottile, tradotta in abiti che sfiorano il corpo senza costringerlo, che raccontano una storia senza urlarla.
Emporio Armani, nato nel 1981 come linea giovane e urbana, ha sempre avuto il compito di incarnare la leggerezza dello stile armaniano, ma oggi, su quella passerella, la leggerezza si è fatta gravità discreta, profondità del gesto. Le silhouette sono quelle familiari: morbide, essenziali, senza orpelli. La palette cromatica resta fedele al lessico consueto — greige, blu ombra, marrone, bianchi velati, neri liquidi e luminosi - eppure nulla appare ripetuto. Le giacche sono ovviamente destrutturate, le ampie camicie, i pantaloni fluidi: tutto è misura, tutto è proporzione, ma anche una traccia di malinconia, come se il corpo che li indossa portasse con sé un’idea di tempo che sfugge e al contempo permane. “Ritorni”, in fondo, è anche questo: il ritorno a una memoria, a una visione che si rinnova senza mai tradirsi. Un addio delicato, fatto di dettagli, a cominciare dalla lentezza con cui le modelli attraversano la passerella - indossando gli ikat, i pantaloni ampi che si stringono al fondo, molto amati anche da Claudia Cardinale, scomparsa poche settimane dopo il suo grande amico stilista.
La musica, scelta sempre con cura, ha accompagnato noi spettatori al gran finale. Quando le modelle hanno fatto il loro passo applaudendo, un applauso lungo e ritmato si è levato dalla platea: mani che battono, visibili emozioni negli occhi di chi guarda, lacrime. In quel momento, la passerella è diventata un palcoscenico del ricordo. Da quello spazio vuoto dove una volta lui si affacciava sempre con quel sorriso trattenuto, più vicino alla gratitudine che all’orgoglio, solo luce e musica. Non c’era, ma è come se ci fosse stato. Nessuno ha preso il posto di Giorgio Armani, che era solito uscire per salutare il pubblico. La commozione era palpabile tra gli ospiti, la stampa internazionale, le mannequin e i dipendenti del gruppo presenti, nonché il compagno di una vita, Pantaleo Dell’Orco, che ha seguito la presentazione con discrezione. Un pre-show prima di quello dedicato alla linea principale Giorgio Armani, in programma domenica 28 settembre nella Pinacoteca di Brera, luogo che ospita anche la mostra “Giorgio Armani: Milano Per amore”, dedicata ai cinquant’anni della maison.
Infine, una considerazione: questa prima sfilata senza di lui non è stato solo un commiato, ma anche un impegno. Quello che la maison e il sistema moda tutto (domani al Teatro alla Scala la Camera Nazionale della Moda , in occasione dei CNMI Sustainable Fashion Awards 2025 , gli assegnerà il The Legacy Award) sembrano assumersi: custodire e proseguire una visione che ha trasformato il modo in cui il mondo veste e in cui si guarda allo stile. In un sistema spesso dominato dalla velocità, dall’effimero e dall’urlo mediatico, Giorgio Armani ha sempre scelto il tempo lungo, il silenzio e la coerenza di una visione che ha saputo educare lo sguardo, rendendo l’eleganza una forma di sobrietà intellettuale. Nella sua assenza, dunque, Armani si fa principio: non più solo l’uomo, ma anche l’idea. Un’idea che continuerà a vivere ogni volta che la bellezza si esprimerà con pudore, ogni volta che il silenzio verrà scelto come linguaggio, perché ci sono presenze che continuano a parlare proprio quando smettono di farsi vedere.
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