Cultura
3 settembre, 2025In concorso a Venezia, il film si candida ai massimi premi. Ma l'uso della vera registrazione di una bambina intrappolata in auto sotto il fuoco dell'esercito israeliano fa discutere
Una bambina di sei anni intrappolata in un'auto a Gaza sotto il fuoco dell'esercito israeliano parla con i volontari palestinesi della Mezzaluna Rossa che dovrebbero prestarle soccorso ma sono bloccati da problemi di protocollo. Per inviare un'ambulanza occorre comunicare con un'agenzia, che a sua volta si rivolge all'Idf per definire un percorso di sicurezza. Le regole sono rigide, i tempi lunghi, l'angoscia insostenibile. Tanto più che, come scopriamo poco a poco, la bambina è circondata dai cadaveri dei suoi parenti e i blindati israeliani continuano a tenerla sotto tiro. Dettaglio chiave: gli operatori della Mezzaluna Rossa, i loro uffici, il conflitto che presto oppone legalitari e interventisti, mentre i volontari, uomini e donne, tentano di calmare e per quanto possibile consolare la bambina, sono ricostruiti. La voce di Hind Rajab è proprio la sua. Cosa che rende il film della tunisina Kaouther Ben Hania assolutamente straziante. Anche se la storia è tristemente nota e sappiamo già come andrà a finire.
Ma è legittimo usare un documento, sia pure solo sonoro, all'interno di una finzione, per quanto accurata e verosimile essa sia? O è sfruttamento, manipolazione, insomma propaganda? Se il valore di un film si misurasse dall'impatto (emotivo, informativo, politico) “The Voice of Hind Rajab” avrebbe già vinto Venezia. Poiché il cinema non è o almeno non dovrebbe essere un ramo dell'informazione, la faccenda è un tantino più complessa. Ma intanto le reazioni al film tendono a essere opposte. Chi condanna l'appropriazione indebita. E chi, come la stessa regista, invoca il diritto all'immagine, fosse pure solo sonora, di un soggetto che nel racconto dominante troppo spesso non ha volto né voce. I palestinesi appunto.
Già autrice di due film scritti letteralmente addosso ai loro protagonisti (“L'uomo che vendette la sua pelle”, fiction, e “Quattro figlie”, vertiginoso incrocio tra finzione e realtà), la regista non è nuova al tema della manipolazione. Ma è la prima a sapere che non esistono immagini innocenti, tanto da aprire “The Voice of Hind Rajab” con una non-immagine: la traccia grafica che visualizza il volume di una registrazione vocale. Perfettamente consapevole che non si dà rappresentazione possibile di un orrore come quello vissuto da Hind Rajab. Ma se tutto il cinema contemporaneo vive di incroci e contaminazioni, un documento come quei 70 terribili minuti di dialoghi fra la bambina e i volontari diventano anche un mezzo per dare vita a un mondo che semplicemente non ha cittadinanza sullo schermo.
Siamo dalle parti del film di Kathryn Bigelow, “The House of Dynamite”, e al tempo stesso al suo opposto. La grande regista americana parte infatti da un'intuizione analoga, dissolvendo tre volte in nero, ogni volta che il tempo per bloccare l'ordigno nucleare in arrivo scade. Ma se è difficile trovare qualche traccia di possibile verità nella milionesima drammatizzazione delle retrovie della Casa Bianca (come della Cia, dell'Fbi o di qualsiasi agenzia governativa Usa), la base operativa della Mezzaluna Rossa è un soggetto decisamente meno inflazionato. Oltre che un espediente drammaturgico dichiarato, e a suo modo sobrio e controllato, per trasformare quel documento straziante in qualcos'altro. L'ingresso di un conflitto che si combatte anche a colpi di immagini nel mondo (ben protetto) della finzione.
In un'epoca che riduce la guerra a rumore di fondo, al frastuono incessante delle news, a video virali sui social, è anche un gesto di fiducia nel cinema e nel suo potere. Sappiamo bene che la disumanizzazione delle vittime, la loro banalizzazione, il ridurli a numeri e statistiche, è il prerequisito dell'annientamento. “The Voice of Hind Rajab” si oppone anche a questo. Alcuni grandi nomi (Brad Pitt, Joaquin Phoenix, Rooney Mara, Jonathan Glazer, Alfonso Cuaron) sono entrati nel film come produttori esecutivi per sostenerlo. Che i detrattori usino anche questo argomento per screditare l'intera operazione, la dice lunga sui loro obiettivi.
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