Cultura
4 settembre, 2025“Oggi tutto va veloce, a 30 anni puoi aver diretto interi repertori. Ma per certe opere devi crescere come uomo”. Da Bayreuth a La Scala, parla il direttore d’orchestra
Tra una rappresentazione e l’altra dei “Maestri cantori di Norimberga”, Daniele Gatti parla da una casa in montagna non distante da Bayreuth, la città bavarese dove si svolge dal 1876 il festival annuale che perpetua la tradizione musicale di Wagner. Gatti ha aperto l’edizione 2025 proprio con i “Maestri cantori”: sette recite dal 25 luglio al 22 agosto. Per il direttore d’orchestra milanese Wagner è un vero amore: «Il mio doppio amore per Verdi e Wagner, per quanto riguarda la lirica, dura dai tempi in cui frequentavo il conservatorio», sottolinea.
È stata la quinta volta a Bayreuth, dove in precedenza ha diretto per quattro festival consecutivi a partire dal 2008 il monumentale “Parsifal”. Scendere nel golfo mistico, lo spazio per l’orchestra nel teatro voluto da Wagner, non è un’esperienza comune: i musicisti sono coperti e invisibili al pubblico, la musica comincia nel buio, senza applausi iniziali, e si diffonde in sala con un risultato acustico unico al mondo. «Tutto magnifico per il pubblico, un po’ meno per noi», ci spiega Gatti: «Il suono è completamente diverso da quello dei teatri tradizionali, dove i musicisti dell’orchestra hanno la possibilità di sentire le voci e quindi di adattare i livelli. Qui no: l’orchestra suona come una compagine assolutamente isolata dal palcoscenico perché il suono non va direttamente in sala. La copertura che Wagner ha pensato è una calotta, un quarto di cerchio. Sembra di essere in un sottomarino. ll suono che proviene dall’orchestra va a sbattere, viene risucchiato dalla calotta, poi va in palcoscenico, si miscela con la voce e arriva in sala. Questo vuol dire che il direttore deve essere un attimo in anticipo sul cantante e inoltre si deve suonare verso il forte. Se si cercano nuance o momenti sottovoce non si sente niente in sala».
Dopo l’impegno a Bayreuth, Daniele Gatti ha ricominciato la stagione, il 26 agosto, con La Staatskapelle di Dresda, di cui è direttore principale. «Secondo me, per la sua storia è una delle orchestre più affascinanti», si entusiasma il Maestro: «È la più antica al mondo». Il suo primo concerto con la Staatskapelle fu nel 2000, su invito di Giuseppe Sinopoli, che allora la guidava. E nel 2026 saranno passati venticinque anni dalla scomparsa di questo nostro grande direttore. «Lo ricordo con tanto affetto», dice Gatti, 63 anni. «Anche a Santa Cecilia ero arrivato dopo di lui, nel 1992. Lo ricordo molto generoso e disponibile, parlavamo tanto di musica e di progetti, mi esortava a fare un certo tipo di repertorio, mi dava anche coraggio, perché avevo 30 anni, che allora erano veramente gli anni ruggenti. Oggi si possono avere cinque orchestre a quell’età». Lo dice con un pizzico di sarcasmo? «Lo dico perché noi, quelli della mia generazione, eravamo molto più tutelati. Ci consentivano di fare degli errori. Avevamo orchestre importanti per noi, ma non più di una. Oggi si è troppo veloci, c’è chi a 30 anni ha quasi già diretto tutto il repertorio e ha cominciato anche a registrarlo. Quando parlavo appunto con Sinopoli, gli dicevo che non riuscivo allora a pensare di dirigere certi compositori o certe opere, perché avevo bisogno di tempo. Dovevo diventare grande come uomo, prima che come musicista».
La Staatskapelle, guidata dal suo direttore principale, nel suo tour sarà ospite l’8 settembre prossimo alla Scala, il teatro di cui Gatti, milanese, era candidato a diventare direttore musicale. «No, più che candidato era già una cosa stabilita, poi c’è stato un voltafaccia» è la precisazione dell’interessato, che ha annullato i suoi impegni lì. «Non c’era una rosa di nomi ed io fra questi. Anche perché non avrei mai accettato una cosa del genere. Sono stati loro che hanno chiesto la mia disponibilità, io l’ho data e poi c’è stato un voltafaccia senza nemmeno preavvisarmi. È stata una mancanza di rispetto enorme nei miei confronti». Intanto Daniele Gatti è tornato a dirigere il Maggio musicale. «Sono felicissimo di essere tornato a Firenze», rimarca.
Esiste, a livello internazionale, uno stereotipo sui direttori d’orchestra italiani, gli chiediamo. «Io sarò felice di collocarmi in una linea di direttori che non è seconda a nessuno: comincia da prima ancora di Arturo Toscanini, forse da Angelo Mariani, il primo che ha portato Wagner in Italia. Toscanini, Victor De Sabata, Carlo Maria Giulini, Abbado, Muti, Chailly, Sinopoli. Mi metto anch’io su questa strada. Sono direttori che hanno lasciato una fortissima impronta sul grande repertorio internazionale e che hanno diretto non solo Verdi, Puccini e Rossini. Questi nostri direttori italiani sono stati nominati nelle più grandi orchestre internazionali. Possiamo dire la stessa cosa di altre scuole?».
Lo riportiamo all’oggi: guardando anche alla cancellazione del concerto di Gergiev a Caserta, è importante che anche gli artisti noti prendano posizione sulle questioni più rilevanti del tempo presente? “È l’uomo che agisce, non l’artista. Ognuno di noi è un uomo e si deve comportare secondo la sua coscienza».

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