Cultura
4 settembre, 2025Festival, mostre, tour guidati, reading. A 125 anni dalla morte l’Irlanda, e non solo, celebra Oscar Wilde. Lo scrittore raffinato e trasgressivo che ebbe un rapporto speciale con l’Italia
«Ho appena finito il mio primo racconto lungo e sono stanco. Ho paura sia alquanto simile alla mia vita, tutta conversazione e niente azione. Non so descrivere l’azione: i miei personaggi stanno in poltrona e chiacchierano». Così scriveva Oscar Wilde in una lettera del 1890 indirizzata alla poetessa Beatrice Allhusen, commentando il suo “Dorian Gray”. A 125 anni dalla morte – le spoglie riposano nel cimitero di Père Lachaise a Parigi – il celebre autore irlandese che ha firmato romanzi e fiabe, saggi e commedie viene celebrato nella sua terra, e non solo, con un ricco cartellone di eventi. Festival, mostre, tour guidati, reading, concerti, spettacoli teatrali, in prevalenza fra ottobre e novembre, che ripercorrono la vita del secondo scrittore di lingua inglese più citato al mondo dopo Shakespeare. E fra i più tradotti in assoluto.
«Per riflettere sull’attualità e sulla poliedricità di Oscar Wilde mi sembra utile partire dal nome completo di battesimo: Oscar Fingal O’Flahertie Wills Wilde, dal quale appare chiaro almeno un aspetto e cioè il legame che la famiglia Wilde ha sempre avuto con la cultura d’Irlanda», spiega Antonio Bibbò, professore associato di Lingua, traduzione e linguistica inglese all’Università di Trento nonché curatore per Feltrinelli di alcune opere di Wilde.
«Il nazionalismo era di casa: il padre, William, oculista e studioso di tradizioni popolari, la madre, Jane Francesca Elgee, poetessa e attivista con lo pseudonimo di Lady Speranza. Per esempio, nelle commedie di Wilde la ribellione si traduce nella sua tendenza a portare fino all’eccesso i costumi vittoriani, il moralismo di facciata ma anche il gusto per l’arguzia e per le mode, così da mostrarne l’assurdità: una ricerca del paradosso che è la cifra del suo essere dandy. Ed è anche per questo che Oscar Wilde rispunta sempre per dirci qualcosa sui nostri tempi. Possiamo leggere i suoi testi sia abbandonandoci alla superficie sfavillante dei motti e delle trame ricche di fraintendimenti, sia apprezzando il vuoto di valori che ritraggono, l’atmosfera di un impero che sta crollando su se stesso. Non è un caso che, la sua prima opera teatrale intitolata “Vera o i nichilisti”, parli di un tentativo di sovvertire la monarchia russa nel quale, in filigrana, si intravede la lotta per l’indipendenza irlandese».

E proprio dalla casa della famiglia Wilde, affacciata sul Merrion Park di Dublino, si dipanerà il Festival Oscariana (16-19 ottobre) che si intreccia con appuntamenti di più lunga durata come la mostra “From Decadence to Despair” organizzata dal Trinity College - antica università che annovera fra gli altri un notevole archivio di manoscritti, volumi, fotografie legate all’universo Wilde – dove lo scrittore studiò di ritorno da Enniskillen. Questa cittadina nel verde dell’Irlanda del Nord, in cui Wilde frequentò la prestigiosa Portora Royal School tra i 10 e i 17 anni, ospiterà un’altra rassegna, “In Our Dreams” (16-20 ottobre), all’insegna della fiaba e della fantasia. L’evento fa parte del progetto “Wilde Island Town: home of the Happy Prince”, sviluppato da Arts Over Borders, che si dedica alla creazione di festival artistici transfrontalieri. Già aperta al pubblico (fino al primo ottobre) la mostra “De Profundis” nei moderni spazi del MoLi, il museo della letteratura irlandese di Dublino, abbinata a una installazione sonora che esplora questo commovente testo che Wilde scrisse durante gli anni di galera nel carcere inglese di Reading al suo giovane amante, lord Alfred Douglas detto “Bosie”. Alcuni passaggi-chiave del documentario sono narrati attraverso le voci di una comunità di scrittori, artisti e attivisti Lgbtq+ contemporanei.

Una curiosità: il 25 per cento dei visitatori della casa di Oscar Wilde a Dublino è composto da italiani. Ma, qual era il rapporto dello scrittore con l’Italia? «Sicuramente complesso. Wilde si trova a Napoli sul finire dell’Ottocento e lì incontra anche i suoi primi traduttori. Successivamente le sue opere furono spesso osteggiate e una diva come Eleonora Duse, pur volendo interpretare il ruolo di Salomè, alla fine rinunciò per non essere associata a un autore così scandaloso», racconta Antonio Bibbò: «La sua commedia più famosa e rappresentata, “The importance of being Earnest”, avrà decine di edizioni in Italia. Quell’earnest che è sia un nome proprio - scritto Ernest – sia un aggettivo che rimanda all’idea di serietà, onestà, affidabilità. E allora in italiano i protagonisti sono stati di volta in volta battezzati Ernesto, Onesto, Probo, Franco e così via. Al punto che una recente messa in scena di Bruni e Frongia prodotta dal Teatro dell’Elfo di Milano si conclude con l’elenco dei nomi: ammettendo la sconfitta ma anche giocando sulla possibilità di più identità. La “commedia perfetta” di Oscar Wilde che, in occasione delle celebrazioni di quest’anno, il pubblico potrà rivedere al teatro Sala Umberto di Roma (21 ottobre-2 novembre) con la regia di Geppy Gleijeses e l’interpretazione di Lucia Poli e Giorgio Lupano.
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