Cultura
4 settembre, 2025A trent’anni dalla prima edizione torna la “Beatles Anthology”. E nel mercato effimero che ci circonda i Fab Four sembrano fantascienza
Basta l’annuncio. Beatles, ancora Beatles, in una sorta di eterna giovinezza, rinnovata ogni tanto da nuove uscite, inediti, pezzi di leggenda che riemergono dal passato per confermare qualcosa che sappiamo da tempo. Si tratta della più clamorosa e vertiginosa vicenda della cultura pop del Novecento e ancora oggi questa certezza riverbera ogni volta che c’è qualcosa di “nuovo” di cui cibarsi. Ora è l’annuncio della ripubblicazione, in autunno, della serie di documentari chiamata “Beatles Anthology”, bellissima, antica, pubblicata in versione originale trent’anni fa, e riproposta con materiali inediti aggiunti a quelli che già conoscevamo. La questione di questa inaudita longevità risalta oggi a contrasto, in un periodo in cui, come mai era successo prima, siamo colpiti e travolti da una insopprimibile sensazione di effimero. Ogni musica che ascoltiamo oggi ci sembra fatta per durare lo spazio di una notte, senza ambizioni, senza lungimiranza, senza alcun potere visionario, all’opposto di quello che capitava alle musiche di qualche tempo fa. I Beatles non sono stati solo l’avventura più stabile e duratura della storia, sono stati anche i primi, quelli che hanno sperimentato una serie di fenomeni che hanno marchiato tutta la musica che è venuta dopo.
In agosto ricorreva un ennesimo cruciale anniversario. Sull’onda di un successo che sembrava dilagare senza argini, i quattro si ritrovarono nell’agosto del 1965 catapultati davanti a una folla immensa di ragazzine e ragazzini allo Shea Stadium di New York, per quello che è passato alla storia come il primo concerto in assoluto che si sia svolto in uno stadio, davanti a un pubblico così numeroso. Era un territorio talmente inesplorato. I Beatles dovettero usare l’impianto voci che veniva usato per commentare le partite di baseball e il risultato fu che le urla dei fan coprirono totalmente la musica. Fu uno shock, elettrizzante ma anche spiazzante, talmente folle che pochi mesi dopo i Beatles decisero di abbandonare del tutto i concerti per dedicarsi a tempo pieno al lavoro di studio e non suonarono mai più dal vivo fino al concerto senza pubblico sul tetto degli uffici della Apple in Savile row. Ma il sasso era stato gettato, l’era dei grandi concerti era iniziata e guarda caso quel giorno allo Shea Stadium erano presenti Mick Jagger e Keith Richards i quali videro in quella follia il loro futuro, quella che sarebbe stata la loro specialità, ovvero i concerti dal vivo. Ogni gesto, ogni suono, ogni canzone dei Beatles era destinata a durare per sempre, e ancora oggi siamo morbosamente curiosi. Se c’è ancora qualcosa da scoprire, sessant’anni dopo, non vediamo l’ora di farlo.
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