Cultura
4 settembre, 2025Una danza solo da immaginare. La pioggia che cade sul pubblico. Un villaggio africano a Roma. A Short Theatre, discipline, formati, gusti e voci si mescolano. Da 20 anni. Per sorprendere
Una comunità di artisti, spettatori, studiosi in movimento, alla ricerca dell’imprevisto o di nuove sperimentazioni. Ecco cos’è Short Theatre, il festival internazionale dedicato alla creazione contemporanea e alle performing arts nato 20 anni fa negli spazi romani del Teatro India e poi migrato nei padiglioni del Macro a Testaccio (La Pelanda), ancora oggi cuore degli eventi, che quest’anno invadono anche nuovi spazi come il Palazzo dei Congressi dell’Eur. Un festival che con gli anni è cambiato molto, inglobando nuovi linguaggi e sperimentato altri formati, ma che ha sempre continuato a nutrire quella comunità disposta a farsi contaminare da una visione, da uno sguardo, suggeriti ogni volta dai vari curatori che si sono susseguiti nel tempo (Fabrizio Arcuri, Francesca Corona, Piersandra Di Matteo)
Da quest’anno Short Theatre – in programma dal 5 al 14 settembre - ha una nuova direzione artistica affidata a un collettivo di artisti/curatori: Silvia Bottiroli, Silvia Calderoni, Ilenia Caleo, Michele Di Stefano, ognuno con la propria storia e sensibilità, che si intrecciano con quelle di un gruppo di lavoro ancora più ampio (direzione generale Roberta Zanardi e Matteo Angius, organizzazione Area06).
Sono 35 le compagnie invitate, italiane e straniere, e ben 70 gli appuntamenti sparsi in diversi luoghi romani, dal Teatro India, dove torna, al Teatro Vittoria. «Un festival che a Roma resiste per 20 anni, soprattutto in questo frangente politico, è già un fatto importante», spiega Silvia Bottiroli: «La curatela collettiva è prima di tutto una scelta politica: rivendichiamo una pluralità, una moltitudine, un’idea di folla per un festival fatto di tante voci diverse».
E il programma, infatti, mescola discipline, formati, gusti, voci. «Le scelte che abbiamo fatto sono il risultato di un confronto fra punti di vista differenti, per fortuna considerato ancora un valore da mettere a frutto», spiega Michele Di Stefano: «Per questo Short Theatre è un festival che non ha un titolo specifico, ma cerca di trovare una visione comune in una moltitudine. Lasciamo affiorare cose molto diverse, è proprio questo il bello».
Gli spettacoli internazionali, per esempio, arriveranno soprattutto dai Paesi del Sud del mondo. «Abbiamo scelto artisti, spesso senza supporto economico, provenienti da geografie meno rappresentate», spiega Bottiroli: «Come “Make me stop smoking” e “Before Falling Seek the Assistance of your cane” di Rabih Mroué, proveniente dal Libano, e “We came to dance” di Nasim Ahmadpour e Ali Asghar Dashti dall’Iran, tre lavori che nella forma si somigliano, con performer seduti a leggere testi che non sono ancora spettacolo, eppure capaci di generare immagini mentali». Mroué, tra l’altro, è un artista spesso ospite del Romaeuropa Festival che quest’anno torna a collaborare con Short Theatre con la co-realizzazione di “A little bit of moon” di Teresa De Keersmaeker e Rabih Mroué.
Per quanto riguarda “We came to dance”, aggiunge Di Stefano, è un «lavoro potente in cui non si muove un muscolo, ma che racconta a parole la danza a causa dell’impossibilità di poterla praticare in Iran; un lavoro rigoroso, commovente, un gesto politico molto forte».
Scava nella memoria collettiva, invece, “Epique! (Pour Ykakou)”, la nuova creazione di Nadia Beugré, coreografa che sarà in scena con una griot e una musicista per raccontare la storia di un villaggio della Costa d’Avorio in cui viveva sua nonna, villaggio che oggi non esiste più.
Ma oltre agli artisti internazionali ci sarà spazio anche per le compagnie italiane. Per la danza, per esempio, è prevista la presenza di Silvia Rampelli e Vincent Giampino, che «spingono su una qualità della ricerca, senza paura dell’ignoto», sottolinea Di Stefano, e poi Miranda Secondari, Clara Delorme, Elena Antoniou, Collettivo Giulio & Jari e Alessandro Sciarroni, già Leone d’oro.
Guarda più al teatro il format “Camera”, che prevede l’esibizione di tre artisti: Carolina Bianchi (già Leone d’argento), Industria Indipendente (collettivo romano) e Eva Geatti (selezionata per Fabulamundi new voice). «“Camera” porta in scena non un lavoro finito, ma un qualcosa da condividere», spiega Bottiroli: «È un progetto drammaturgico ideato per poter vedere nel festival ciò che non c’è ancora e per portare lo sguardo su forme di scrittura diverse».
Ma un festival non è solo un programma, «è anche un’atmosfera, un luogo dell’imprevisto, in cui fare immersioni o perdersi», precisa Di Stefano. Tra i nuovi format ci sarà anche “Leopardo”, con performer invitati ad abitare, negli ultimi due giorni del festival, il Palazzo dei Congressi all’Eur «uno spazio impegnativo, usato nella sua nudità, con corpi in dimensioni monumentali», aggiunge. E sempre all’Eur ci sarà il formato “Pioggia”, che farà cadere la pioggia dal vivo come nel cinema, grazie alla collaborazione con la casa di produzione cinematografica Grøenlandia.
Infine “Classe” riprenderà la tradizione di un festival attento anche all’apprendimento. «Hanno risposto alla call 15 studenti e artisti, che saranno retribuiti per il percorso di formazione all’interno del festival», spiega Bottiroli. Il format prevede anche incontri pubblici, con ospiti come Antonella Anedda, Roberto Esposito, Silvia Fanti. E tanti altri eventi, concerti, momenti di creatività (per il programma completo www.shorttheatre.com).
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