Cultura
4 settembre, 2025Diritti umani sistematicamente violati. Valori capovolti senza vergogna. E nuovi padroni feudali, pronti a svuotare territori e costruire mondi tecnocratici. “La Terra dovrebbe riscoprire la decenza”, dice a L'Espresso uno dei più influenti e controversi pensatori del nostro tempo
Slavoj Žižek, uno dei più influenti e controversi pensatori del nostro tempo, rimpiange l’ipocrisia di un mondo che prima, almeno, sapeva provare vergogna. «La Terra dovrebbe riscoprire la decenza» dice, senza tradire nessuna speranza, di fronte a capi di Stato che giocano a essere Dio e tollerano ogni forma di oppressione, purché non sia violata un’unica legge: non quella morale, ma quella del dominio. Il filosofo, sociologo e politologo sloveno, con lo stile provocatorio che lo contraddistingue, riflette sull’attualità a partire dai suoi due ultimi libri, entrambi pubblicati in Italia da Ponte alle Grazie: “Trump e il fascismo liberale” (2025) e “Ucraina, Palestina e altri guai” (2024). Parliamo di guerre, autoritarismo, etica, intelligenza artificiale, cristianesimo e libertà. Žižek non crede quasi a nulla, ma attende comunque un miracolo. Un miracolo che non ha nulla a che fare con Dio, semmai con l’Europa.
Cosa sta accadendo alle nostre democrazie?
«Quello che accade a livello globale è molto triste. Stiamo andando nella direzione orwelliana di un mondo diviso in tre mega-imperi: Oceania (Stati Uniti), Eurasia (Russia ed Europa) e Asia orientale (Cina). Il mondo che conosciamo, quello occidentale disegnato su un solo centro, America-Europa, aveva qualcosa di buono: certezze. Un mondo ipocrita, certo, ma ideologicamente e formalmente votato ai diritti umani. Erano diritti che venivano violati, ma ogni violazione ci esponeva alla critica. Ora, invece, entriamo in un nuovo mondo in cui ogni impero ha i propri valori, dove ciascuno rivendica il proprio dominio sugli altri. È per questo che Trump e Putin se la cavano bene: parlano la stessa lingua».
L’ipocrisia, quindi, è il minore dei mali?
«È il paradosso dell’autoritarismo liberale. Israele ammette apertamente di torturare i palestinesi imprigionati, afferma apertamente di voler ripulire Gaza. Finora lo faceva con più discrezione, adesso questa sfacciataggine è orrore. Preferisco l’ipocrisia alla mancanza di vergogna. Ipocrisia significa avere un minimo di moralità, perché ti vergogni o almeno fingi di vergognarti. La crisi di fondo, oggi, è in un certo senso spirituale e morale: la Terra dovrebbe riscoprire la decenza».
La recessione democratica è un problema, innanzitutto, morale?
«Forse sto diventando un neoconservatore, ma è così… Ci sono due tendenze nel mondo che mi preoccupano molto. La prima è che ci sono figure estremamente influenti oggi: oligarchi russi, cinesi, americani (Musk, Bezos, ecc) che non sono più capitalisti vecchio stile, ma controllano davvero un certo dominio come fossero nuovi padroni feudali. La seconda tendenza è che non esistono più gli “standard”. La regola è: io faccio quello che voglio nel mio dominio, tu fai quello che vuoi nel tuo. Qualche tempo fa, Putin, ha riconosciuto i talebani come propri alleati sul fronte antimperialista: proprio quelli che torturano le donne, le persone, oggi sono “amici” che coesistono pacificamente con le democrazie, fintanto che applicano i propri standard nel proprio dominio. Non c’è più nessuna solidarietà globale, tutte le forme di oppressione saranno tollerate. Il risultato di tutto questo è che le democrazie liberali – così come noi le conoscevamo – si stanno esaurendo lentamente, stanno diventando irrilevanti».
Speranza ne ha?
«Sto aspettando miracoli. Non miracoli religiosi, intendo qualcosa che non pensavi potesse accadere e, invece, accade. A me piace essere pessimista. L’unico modo per provare un po’ di gioia è essere pessimisti, non aspettarsi niente».
Quindi lei è un pessimista a orientamento ottimista?
«Esattamente. Lincoln ha detto “potete ingannare tutti per qualche tempo e qualcuno per sempre, ma non potete ingannare tutti per sempre”. Io invece penso si possa. È molto raro che le persone si risveglino. Tutti i miei amici mi dicono di dare a Trump un anno o due e che poi le persone si risveglieranno. E se invece non si risvegliassero? E se fossimo tutti troppo inerti? Ecco il mio pessimismo… Però, sono ancora pro-europeo. Trump continua a dirlo apertamente da più di dieci anni: il vero nemico degli USA è l’Europa. Non la Russia, non la Cina, ma l’Europa. E io all’Europa ci credo ancora. Insomma, viviamo in tempi tristi e l’unica formula che mi viene da usare – coniata dal filosofo Giorgio Agamben – è “il coraggio della disperazione”: non intendo la fine del mondo, ma disperazione nel senso che non esistono soluzioni semplici e chiare all’interno dell’attuale sistema liberaldemocratico. Questo è un pessimismo a orientamento ottimista».
Cosa manca all’Europa per assumere su di sé la responsabilità che le attribuisce, arginare il nuovo ordine mondiale: l’identità? Il riarmo?
«L’Europa è ossessionata dalla paura di affermare la propria identità. Io penso che abbia una grande scelta davanti a sé: diventare una marionetta (un luogo ottimo per il turismo, Venezia, Parigi e così via) o essere un’economia politicamente importante. Il riarmo interno è parte integrante dell’affermazione europea. Dobbiamo essere onesti, finora l’Europa è esistita silenziosamente sotto l’ombrello nucleare americano. Ora è chiaro che questo non può più funzionare e io penso che la militarizzazione dell’Unione europea sia l’unico modo per mantenere la pace in Europa. Un altro paradosso: l’unico modo per mantenere la pace in Europa è che essa sia una superpotenza, altrimenti siamo persi».
Che chance ha l’Europa?
«L’Europa è già una superpotenza, economicamente è molto forte. Il problema è che Trump e Putin lavorano lungo le stesse linee, vogliono disunire l’Europa. L’unica chance che ha è di affermarsi come un unico spazio che ancora rispetta il welfare state, i diritti umani. Non basta la militarizzazione, serve anche un’unione ideologica europea».
Perché ci sono leader mondiali che, nel recitare la parte dell’onnipotente, non mostrano interesse a comunicare un’immagine di sé saggia e misericordiosa? Veicolare questa immagine non era parte integrante della sopravvivenza dello Stato di diritto?
«Le darò una risposta molto brutale. La vera tragedia è che loro sono convinti che la propria visione prevarrà. I leader di cui parla pensano: “e se a lungo termine non apparissimo più come i cattivi, ma come persone che hanno chiesto alle illusioni della modernità europea di ripristinare lo stato naturale delle cose?”».
Penso al terribile video in cui Trump e Netanyahu sorseggiano un drink in un resort di lusso nato dalle macerie di Gaza. Tutti sanno che è un falso, eppure crea un immaginario che scava nei limiti morali. L’intelligenza artificiale avrà un effetto sul fondamento morale della democrazia?
«Ha detto qualcosa su cui sono pienamente d’accordo. Quel video non è solo una fantasia, una visione immaginaria, perché anche se è stato esplicitamente presentato come tale, ha effetti reali, materiali. La fantasia accede al reale che sta dietro. Penso alla tendenza dei cosiddetti tecnocrati trumpiani che hanno una visione, il “Network State”: il loro futuro ideale è di svuotare completamente un territorio, una parte dello Stato (ora Gaza), distruggere tutto e costruire lì un mondo puramente computerizzato e tecnocratico. Una società tua, dal punto zero. È parte di una rivoluzione tecnocratica che vuole un territorio libero, nel senso di “non radicato in un nessun ordine legale internazionale” che possa essere totalmente subordinato a una élite tecnocratica. Immagino un mondo diviso tra una maggioranza, dove la vita sarà miserabile e caotica, e queste isole di vita totalmente regolamentata. Un’altra visione pessimista…».
Il mondo che dipinge è un mondo amorale, tra innocenti che soccombono e potenti che perseverano. È una domanda che lei si pone nei suoi libri: Dio è malvagio?
«Mi piace provocare. Sono ateo e contrario a ogni dualismo: il bene e il male, Dio e il diavolo. Il cristianesimo, per me, è la religione della morte di Dio. Conosce la metafora del male, no? Se guarda un quadro molto da vicino, non riesce a vedere l’immagine completa. Quando si allontana, la vede e quel che le appariva come il male è in realtà solo un dettaglio che contribuisce alla bellezza globale. Io credo che dopo il ventesimo secolo – i gulag, l’Olocausto, milioni di persone morte nei Paesi colonizzati – questa visione parziale non possiamo più permettercela».
Allora Dio è morto?
«Cristo non muore in qualità di messaggero di Dio, è proprio Dio a morire e a ritornare come Spirito santo. Cos’è lo Spirito santo? È la comunità dei credenti. Quando gli apostoli chiedono a Dio “Come faremo a sapere che sarai tornato?” lui risponde “ovunque ci sarà amore tra di voi, ci sarò io”. Non bisogna credere nell’idea personalizzata del ritorno di Dio, ma al fatto che Dio sarà dove troverà persone libere, unite e auto-responsabili. È il messaggio più profondo del cristianesimo: non esiste una forza superiore che garantisca la felicità. Dio ci ha dato la “libertà” che significa, precisamente, che non esiste nessuna garanzia superiore. Ci sarà una nuova tecnocrazia gestita dall’intelligenza artificiale? Una catastrofe ecologica? Una guerra globale? Il futuro è aperto e dipende da noi. Il cristianesimo ci invita ad accettare l’orrore della nostra libertà».
Mi perdoni se torno a Dio, è il soggetto preferito da noi atei. A cosa serve passare attraverso la sua morte?
«Perché io credo che l’esperienza della morte di Dio sia la chiave: significa che ogni forma di quello che Lacan chiama “il grande Altro”, l’ordine superiore simbolico globale che domina il nostro universo, crolla. È quella che i mistici chiamano “la notte del mondo”, quando il tuo intero universo simbolico collassa: è un’esperienza cruciale che avviene solo grazie alla distruzione della religione. Spontaneamente siamo tutti religiosi, tutti crediamo in qualche ordine superiore. Dovremmo abbandonare l’idea: non c’è nessuna garanzia di progresso».

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